Tommaso immagine di tutti noi…
Quando siamo delusi, feriti o arrabbiati, facciamo fatica a vedere una speranza, ci chiudiamo in noi stessi, rimuginiamo sugli errori commessi, forse cerchiamo un colpevole e ci arrovelliamo sui se.
Nel Vangelo l’immagine che si ripete è quella delle porte chiuse del Cenacolo. Il primo giorno della risurrezione è passato, è ormai sera, l’annuncio è stato portato, eppure i discepoli sono ancora chiusi dentro. Il luogo in cui si trovano è il Cenacolo, cioè là dove Gesù ha consegnato la sua vita per amore. Eppure, tutto sembra inutile. La paura li atterrisce.
Il Cenacolo somiglia alla nostra vita, al nostro cuore, ha le porte chiuse, forse proprio per paura. Ma davanti alle porte chiuse, Gesù non si rassegna. Entra ugualmente e riprende quel posto dal quale il timore, la rabbia e la delusione lo hanno espropriato. Concentrati sulle nostre paure, difficilmente ci accorgiamo che il Signore ci è accanto. Gesù si fa riconoscere: mostra le sue ferite, i segni della sua sofferenza, perché le ferite, anche le nostre, non sono mai inutili, ma dicono chi siamo. Il nostro dolore è la nostra storia. Le nostre ferite dicono come abbiamo amato. Gesù non si vergogna e non nasconde l’umiliazione e il disprezzo che ha subito.
L’incontro con Gesù risorto suscita gioia nei discepoli. Ma noi cristiani esprimiamo gioia, e soprattutto quando gli altri ci guardano, vedono che abbiamo incontrato il Signore risorto?
Se non lo si vede, se non si vedono i frutti, è difficile credere che sia veramente risorto. Tommaso è immagine di coloro che non riescono a credere perché c’è una comunità che non vive quello che dice. Infatti otto giorni dopo le porte del Cenacolo sono ancora chiuse. Non è cambiato nulla. Hanno ancora paura, sono ancora pieni di sfiducia.
Tommaso è detto Didimo, cioè doppio o gemello. È ambivalente un po’ crede e un po’ non crede, un po’ sta fuori dalla comunità un po’ ci ritorna. È gemello allora di ognuno di noi, perché tutti noi facciamo fatica a credere e a restare con costanza dentro la comunità: siamo sempre in cerca di autonomia.
Ma Gesù è paziente soprattutto con chi fa fatica a credere. Nonostante le porte chiuse, Gesù entra nel nostro cuore e, riprendendo il posto che gli spetta. Si fa vedere così com’è: quelle ferite sono una parola chiara, dicono a ciascuno di noi: sono morto proprio per te!
Non importa se ancora non riusciamo a credere, non dobbiamo disperare, Gesù non si spaventa e non banalizza la nostra incredulità. Verrà ancora, anche per noi, e ci accompagnerà in questo percorso di fede che ci conduce a riaprire le porte del nostro cuore.
Chiediamoci allora: Se il Cenacolo fosse l’immagine del mio cuore, come sarebbero le sue porte?
II Settimana Pasqua