La gioia di poter ricominciare!
(Is 40,1-5.9-11 Sal 103 Tt 2,11-14;3,4-7 Lc 3,15-16.21-22)
Tutti sappiamo che le promesse generano attese, spesso deluse e tradite, inoltre più passa il tempo più difficile è rimanere fedeli ad una parola che non trova compimento nell’immediato. Presto infatti arriva il dubbio, la paura di essere stati dimenticati…
…Anche il popolo di Israele ha vissuto un’esperienza di attesa e, come può forse essere successo anche a noi, ha potuto sperimentato il ritorno dell’inatteso.
Col capitolo 40 del Libro di Isaia inizia una sezione che terminerà al cap. 55, (chiamato dagli studiosi deutero-Isaia cioè secondo Isaia) che raccoglie le parole di un profeta mandato da Dio per aiutare il popolo a non smettere di sperare. Probabilmente si tratta di un profeta vissuto durante l’esilio in Babilonia e che ha condiviso la sorte degli esuli.
Terminato l’esilio il popolo si ritrova smarrito, non sa da dove ricominciare, è bloccato, non trova nemmeno la forza per rimettersi in cammino. Dopo tanto tempo è davvero possibile un nuovo inizio? E la terra come sarà dopo tanti anni? Nel popolo c’è la forza e la volontà per ricominciare?
Compito del profeta è trovare le parole per rimettere Israele in cammino.
Non per niente il libretto si apre con le parole: “Consolate, consolate il mio popolo” per dire Credi a quello che stai vivendo perché Dio non ti ha mai abbandonato!
Ma come anche noi abbiamo sperimentato, la sola parola di consolazione spesso non è sufficiente a eliminare i dubbi, la fatica, lo scoraggiamento che ci invadono, ci deprimono, arrivando a “rubarci la speranza”.
“Nel deserto preparate la via al Signore”: per questo diventa necessario costruire una strada togliere tutti gli ostacoli che impediscono di vedere il Signore che viene verso di noi: senza la strada, il vento del deserto, o le montagne, possono nasconderci il percorso.
Costruire la strada è credere che qualcuno ci sta venendo incontro: Sperare nel Signore è essere certi di aver già ottenuto quello che aspettiamo!
Tornare nella propria terra per Israele significa trovare tante macerie, le stesse che purtroppo troviamo nella nostra vita dopo che una tempesta o un’alluvione ci ha stravolto e portato via tutto.
Ma davanti alle macerie ci si può avvilire ma anche reagire e mettersi a ricostruire.
Il popolo di Israele sapeva che l’esilio era conseguenza di un castigo meritato, per un volontario allontanamento da Dio, per questo fatica a credere a questo dono gratuito e di poter ritornare nel proprio paese e ricominciare.
«Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati». (Is 40,2)
Questo nuovo inizio è veramente un dono di grazia: è la promessa che si compie.
Nel Vangelo, Luca ci dice che oggi la promessa si compie fino in fondo: Dio ha “percorso quella strada”, ha raggiunto il suo popolo. Gesù è Colui nel quale il Padre compie per sempre la sua parola!
Nelle acque del Giordano, Gesù scende nel nostro peccato e lo prende su di sé.
È un Dio che si sporca, che si compromette con l’umanità, è un Dio che si fa vicino e si confonde con noi. È un Dio che com-prende la nostra umanità.
In Gesù si compie la promessa, è il Figlio amato nel quale ogni figlio è amato, è la risposta al nostro desiderio profondo di essere amati.
E c’è lo Spirito che scende sotto forma di colomba, immagine che attraversa tutta la Scrittura: dalla colomba inviata da Noè alla fine del diluvio, alla colomba che sta nelle fenditure delle rocce, cantata nel Cantico dei Cantici, fino a Giona, il cui nome vuol dire colomba!
Oggi anche noi siamo chiamati a rispondere a questo dono gratuito d’Amore che Dio ci fa, non con diffidenza ma desiderosi di costruire la nostra strada con la certezza che Dio è già in cammino verso di noi!
Chiediamoci allora: per me, cosa vuol dire costruire una strada al Signore? C’è una parola che oggi mi mette in movimento e mi aiuta a ricominciare?
Battesimo