Ti aspetto da una vita! Il profondo desiderio di essere amati
Tutti portiamo nel cuore il desiderio profondo di essere amati, desiderio che non si colma mai fino in fondo, perché non ci sembra di essere mai amati abbastanza, e questo ci fa sentire feriti, amareggiati come se nessuno riuscisse a comprenderci in questo desiderio così impellente e urgente.
Da sempre, la sete è l’immagine più frequentemente usata per indicare il desiderio: come non possiamo fare a meno dell’acqua, così non possiamo rinunciare al desiderio di essere amati, tanto che lo aspettiamo, lo cerchiamo a volte anche nei luoghi sbagliati, dimenticandoci del Signore che sempre ci viene incontro per rispondere a quella nostra sete d’amore che solo lui può colmare.
La Samaritana ha sete, desidera essere amata, ma ha cercato l’amore presso sorgenti sbagliate.
L’incontro avviene in un orario insolito, a mezzogiorno, quando, il sole è alto, e la donna va a prendere l’acqua al pozzo a quell’ora, per non incontrare nessuno! Non vuole essere vista, dalla che gente conosce la sua storia, i suoi errori, perché come spesso avviene nelle nostre parrocchie l’ha già giudicata e condannata.
Giovanni specifica l’orario, mezzogiorno momento della massima luce, per sottolineare che quell’incontro è un momento di luce, un momento di rivelazione: Gesù si fa conoscere, ma allo stesso tempo, fa luce nella vita di questa donna, fa emergere la sua storia.
Cinque mariti più un altro uomo, che non è neppure un marito rivela una disperata ricerca di amore che non ha mai trovato risposta. Nella bibbia i numeri non erano fini a se stessi, infatti i “sei” uomini indicano l’imperfezione e rimandano al numero sette che è sinonimo di completezza: infatti manca lo sposo vero, colui cioè che è in grado di colmare quella sete d’amore.
Per realizzare questo incontro impossibile per quel tempo a causa dei rapporti difficili tra i due popoli, Gesù si fa vedere povero, indigente, bisognoso: chiede da bere, confessa la sua sete, chiede a questa donna di prendersi cura di lui: l’umiltà apre uno spazio di relazione in cui l’altro può entrare senza sentirsi minacciato, a differenza di quando ci presentiamo potenti e capaci.
Gesù aiuta la donna a rileggere la sua storia, non per giudicarla, ma aiutarla a trovare quello che disperatamente cerca, ma la Samaritana nel sentirsi chiamata in causa in prima persona, sposta il dialogo verso i luoghi della fede, alle attese messianiche, alle differenze cultuali… come facciamo anche noi: facciamo fatica ad accettare che la Parola di Dio interpelli la nostra vita.
Gesù oltrepassa queste resistenze rivela alla donna la cosa più importante: colui che essa aspetta “sono io che ti parlo”: Gesù è colui che colma il nostro profondo desiderio di essere amati.
La donna corre via per annunciare la sua esperienza perché si è sentita ascoltata, capita e perdonata: portare il Vangelo significa portare innanzitutto la propria esperienza di essere amati. Giovanni ci lascia un ulteriore dettaglio molto significativo: la donna samaritana corre via lasciando la sua anfora ai piedi di Gesù. Quell’anfora rappresenta il suo passato, il peso che si sentiva costretta a portarsi sulle spalle a causa della sua storia, ora può lasciare quel peso ai piedi di Gesù: è una donna riconciliata con la sua vita.
Il suo desiderio ha trovato finalmente risposta.
Chiediamoci allora: sto cercando di trovare risposta al mio desiderio di essere amato? Sono pronto a lasciare la mia anfora ai piedi di Gesù?
III_Quaresima_2023