Bisogna muoversi! L’immobilismo spegne la vita.
Quando camminiamo per un qualunque sentiero dobbiamo decidere, la direzione in cui vogliamo andare e così succede così anche nella vita. Ma molto spesso capita di assistere a una tendenza diffusa a rimandare le decisioni, quasi preferiamo che gli altri, la realtà o il tempo scelgano per noi. In questo modo ci sembra di esserci liberati dal peso della responsabilità… ma il rischio è che l’esitazione diventi la norma…e alla fine rinunciamo a vivere. Peggio ancora se il ritardo sulle nostre decisioni, possa generare conseguenze che ricadono sulla vita degli altri.
Nel Vangelo di Luca emerge la tenacia con cui Gesù persegue la sua meta, inizia a portare a compimento quel progetto di salvezza che ha assunto su di sé. L’episodio della trasfigurazione prelude all’inizio del cammino con il quale Gesù si dirige decisamente verso Gerusalemme (Lc 9,51).
L’esperienza ci dice che, anche se abbiamo preso già la nostra decisione, prima o poi la vita ci chiederà di affrontare la prova della realtà: momenti della vita in cui possiamo guardarci indietro, rivedere il cammino che abbiamo fatto e decidere se tornare sui nostri passi o procedere verso la meta che abbiamo scelto.
Pure Gesù è “nel mezzo del guado”, e in questo contesto sente ancora la voce del Padre che, come nel momento del battesimo in cui ha ricevuto la sua missione, continua a rinnovargli la sua fiducia: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». (Lc 9,35 e cf 3,22).
Una chiave per comprendere questo testo è proprio l’opposizione tra uscire e chiudersi, tra l’esodo e la capanna. Gesù parla del suo esodo verso Gerusalemme. Decidere significa infatti uscire dalle proprie paure, uscire dalle proprie sicurezze, uscire da sé stessi per incontrare la realtà.
Ma esodo, è anche metafora del cammino che ci porta fuori dalla vita, cioè verso la morte. Pietro invece, chiede di costruire delle capanne, vuole racchiudere e imprigionare la sua esperienza di Dio. L’incontro con Cristo rende inutile e impossibile ogni tenda, l’esperienza con Cristo è un’esperienza vivente, sempre nuova, che non si lascia trattenere né fissare in alcun modo.
Alla fine della visione resta solo Gesù, è in Lui che ogni uomo può ritrovare il luogo dell’incontro con Dio. Ecco l’esperienza che i discepoli fanno: Gesù si è trasfigurato, si è lasciato vedere al di là della figura, oltre l’immagine umana che al contempo rende visibile e nasconde il volto di Dio.
L’Alleanza si compie in Gesù e l’alleanza di Dio con Abramo, ne è prefigurazione.
Questo ruolo di mediazione di Gesù, come Messia e sacerdote eterno, è riconosciuto dalla presenza di Mosè ed Elia, i due profeti di cui non si conosce il luogo della sepoltura, coloro che sarebbero tornati per annunciare la venuta del Messia. Nel contempo però Mosè ed Elia sono anche immagine dell’intera Scrittura, quella a cui nel Vangelo si fa spesso riferimento con la locuzione “la Legge e i Profeti”. Mosè è il simbolo della Legge, colui al quale è stata consegnata e colui che, secondo la tradizione, l’aveva messa per iscritto, mentre Elia è il profeta per eccellenza.
Se la nube nasconde, scopriamo però che attraverso di essa è possibile udire la voce del Padre che rassicura e conferma.
Ciascuno di noi sta attraversando sentieri incerti, e forse cerchiamo sicurezze e stabilità. Pur nell’oscurità di una nube che ci avvolge, ogni momento può diventare il luogo della trasfigurazione, quello in cui Dio ci mostra il suo vero volto.
È la luce che emana dal suo volto trasfigurato che ci permetterà di riconoscere la via.
Chiediamoci allora: Tendo a procrastinare le mie decisioni o sono pronto ad assumere le mie responsabilità? Mi impegno a scoprire come Dio si rivela nella mia vita?
II Quaresima web