Più potenti o più inermi?
Ogni persona nel tempo mira a formarsi, a custodirsi, a difendersi a costruire una personalità riconoscibile, e stabile, poco disponibile a lasciarsi andare alle novità.
La domanda che la liturgia oggi ci pone, è se questo modo di intendere la nostra vita umana, sia compatibile con la vita spirituale. Di fronte all’obiettivo umano del potere, la vita spirituale mira invece all’incontro con Dio, crescere nell’amore che non ci rende più potenti, ma più inermi!
Il capitolo 14 degli Atti descrive alcuni modi di procedere della prima comunità cristiana, nonché alcuni elementi della predicazione iniziale. Innanzitutto non è una Chiesa ferma, è una Chiesa in movimento. Lo scopo delle visite degli Apostoli alle comunità non è costruire una struttura di potere, di governo, ma riconoscere l’opera di Dio. Gli stessi anziani, che vengono scelti, hanno il compito di continuare quell’opera di incoraggiamento, dal momento che si entra nel Regno di Dio «attraverso molte tribolazione».
Data la natura umana, è facile che il compito affidato agli anziani rischi progressivamente di trasformarsi in una funzione di giudizio e di controllo, per questo il salmo 144 invita tutti ad avere come unico scopo quello di «dire la gloria del Regno di Dio e di parlare della sua potenza».
Ma chi cerca il proprio potere difficilmente si apre alle novità.
Dio si rivela con la novità del suo insegnamento, come possiamo allora vivere il rapporto con Dio, se siamo più attenti a costruire strutture di potere di controllo?
Lo stesso comandamento lasciato da Gesù ai suoi discepoli è un comandamento nuovo: Gesù ci chiede di amare in una modalità capace di abbandonare la reciprocità.
Il nostro “amare” è secondo i criteri della partita doppia: non accettiamo che i conti dell’amore siano in rosso! Amiamo con la subdola speranza di essere ripagati, diamo con l’intenzione più o meno manifesta, di ricevere almeno altrettanto. Abbiamo fatto della reciprocità un valore culturale, ma certamente non è il modo in cui Cristo ci chiede di amare.
Gesù ci dice di amarci l’un l’altro, ma aggiunge come Lui ci ha amato.
L’amore non è un bilancino: “ti amo ma solo come mi ami tu”, “tanto ti do e tanto mi deve tornarmi indietro” anche se purtroppo, umanamente l’amore è stato ridotto a questo.
Gesù pone il criterio dell’amore al di fuori della reciproca relazione: ciascuno deve amare l’altro non guardando a come è amato dall’altro, ma a come è amato da Gesù.
Gesù ci ha amato e ci ama senza misura, senza giudicare, perdonandoci gratuitamente, sprecando con noi l’amore senza la pretesa del contraccambio. Per questo ogni equilibrio viene meno, ma proprio questo superamento dell’equilibrio consente di essere aperti alla novità di Dio.
Chiediamoci allora: cerco il potere o mi apro alla novità di Dio? Amo col “bilancino” o mi sforzo di amare al modo di Gesù?
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