Foglietto Settimanale dal 15 al 22 Settembre 2024 – XXIV Domenica T.O – Anno B

Pensavo di conoscerti e invece… mai dare l’altro per scontato!

 

Davanti a situazioni di sofferenza personale o di persone care, generalmente la prima reazione è il rifiuto! Cerchiamo un colpevole, ci arrovelliamo, costruiamo strategie di lotta, di vendetta… Per quanto umane e comprensibili queste reazioni, certamente non aiutano ad affrontare le vicende dolorose della vita sia che siano relative alla salute o legate ad ingiustizia, a tradimento, a fallimento…

La sofferenza chiede di essere attraversata. Paradossalmente è una grande scuola, dove poter crescere umanamente e spiritualmente. Gesù parla apertamente della sua sofferenza, perché nella sofferenza non ci possiamo nascondere: lì siamo visti e lì vediamo come siamo veramente. Facile è predicare quando tutto va bene, e insegnare agli altri come vivere la sofferenza: la vera predicazione è invece testimoniare il tempo della difficoltà e del dolore con la nostra vita.

La sofferenza diventa anche luogo di rivelazione: lo stesso messaggio di Cristo sarebbe distorto se non presentasse in modo chiaro e inequivocabile la sua volontà di donare per amore la propria vita, accettando di attraversare la sofferenza senza opporre resistenza (cf Isaia 50,5).

Siamo al capitolo 8 di Marco che segna un punto di svolta: Gesù capisce che la gente ha una visione parziale di lui, e c’è qualcosa che impedisce alla sua Parola di far breccia nel cuore della gente: non è stata colta la novità del suo messaggio. Giovanni Battista, Elia, uno dei tanti profeti… sono figure che certamente condividono alcuni tratti di Gesù, ma c’è ancora “tanto” che manca per comprendere veramente chi è Gesù.

Spartiacque diventa allora la domanda posta ai discepoli da Gesù: a questo punto del tuo cammino, dopo avere sperimentato e vissuto con me, cosa hai capito? Chi sono io per te?

Ma questa è la domanda che deve risuonare nel cuore dei discepoli di ogni tempo e oggi soprattutto anche in noi: io cosa ho compreso di Gesù fino ad ora?

Pietro per un dono di grazia intuisce la risposta, ma non riesce a comprenderla fino in fondo, ma anche noi che sappiamo e abbiamo compreso tante cose su Gesù, non è detto che siamo disposti a viverle personalmente.

Pietro non ha paura solo per la sofferenza di Gesù, Pietro ha paura soprattutto per la sua personale sofferenza: il fallimento del maestro significherebbe immancabilmente anche una sua personale sconfitta. Pietro, come tutti noi, ha paura di soffrire!

Come la piena rivelazione di Gesù è possibile solo nel tempo della sofferenza, così la nostra professione di fede più autentica è quella che facciamo nel tempo della nostra sofferenza.

Si diventa discepoli solo rinunciando alle proprie ragioni, alle proprie rivendicazioni, ai propri tempi. Solo in questo modo possiamo liberarci dal nostro ingombrante “io” e accettare di prendere su di noi la nostra croce: il punto non è tanto la sofferenza, ma come “ci stiamo” e come “l’accettiamo” nella nostra vita.

Rinnegare se stessi, prendere su di sé la croce ogni giorno vuol dire assumere il Vangelo come criterio delle nostre scelte, più precisamente è mettersi dietro a Gesù. Noi invece vogliamo stargli davanti, decidere la nostra strada, costruire i nostri progetti, fare le nostre scelte per poi chiedere a Dio di benedire quello che abbiamo costruito. Metterci dietro a Gesù chiama a seguirlo anche dove non avremmo voluto andare, e accettare di attraversare con lui anche la sofferenza.

Perdere o salvare la vita? Seguire le nostre logiche, illudendoci di vincere, o seguire Gesù anche se agli occhi del mondo sembriamo dei perdenti?

 

Chiediamoci allora: Come vivo il rapporto con Dio nel tempo della sofferenza? Cosa vuol dire per me oggi prendere la mia croce e seguire Gesù?

XXIV Tempo Ordinario_2024

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