Foglietto settimanale dal 16 al 23 Aprile 2023

Vale la pena continuare a mettere il dito nella piaga?

 

I testi che formano i racconti di risurrezione non ci parlano mai di discepoli che credono immediatamente o che si convincono subito che Gesù è risorto, ma descrivono cammini, mostrano una ricerca, raccontano il passaggio dall’incredulità alla fiducia: è qui che troviamo il cammino a cui il discepolo di ogni tempo è chiamato.

Emblematiche sono le porte chiuse del Cenacolo, luogo dove Gesù ha consegnato la sua vita per amore, eppure, tutto sembra essere stato inutile.

Il Cenacolo assomiglia alla nostra vita, al nostro cuore dove il Signore ci ha parlato, si è consegnato a noi, ci ha fatto sperimentare la sua presenza, eppure il nostro cuore ha le porte chiuse, forse per paura. È un cuore che non si lascia andare alla speranza, è un cuore diffidente, ma davanti alle porte chiuse del nostro cuore, Gesù non si rassegna, entra e si pone al centro, riprende quel posto dal quale il timore, la rabbia, la delusione lo hanno espropriato.

Un’altra caratteristica dei racconti di risurrezione è la fatica dei discepoli a riconoscere Gesù, ma è così anche per noi: quando siamo concentrati sulle nostre paure, difficilmente riusciamo ad accorgerci che il Signore ci è accanto. Gesù si fa riconoscere e lo fa attraverso i segni della sua sofferenza, perché le ferite, anche le nostre, non sono mai inutili. Il nostro dolore è la nostra storia, le nostre ferite dicono come abbiamo amato.

L’incontro con Gesù risorto suscita finalmente la gioia nei discepoli, ma noi cristiani siamo uomini e donne che esprimono gioia, diamo testimonianza che abbiamo incontrato il Signore risorto?

Nonostante questa fatica a credere, nonostante le paure e la diffidenza, Gesù non esita ad affidare a questi discepoli impreparati la missione fondamentale: accogliere lo Spirito santo per portare nel mondo il perdono.

Non ci chiama a giudicare, ma a perdonare, a diventare operai della misericordia.

Lo possiamo raccontare, ma se non si vedono i frutti, restano soltanto parole inefficaci!

Tommaso è immagine di tutte quelle persone che non riescono a credere perché c’è una comunità che non vive quello che dice: i discepoli dicono di aver incontrato il Risorto, ma otto giorni dopo, le porte del Cenacolo sono ancora chiuse. Non è cambiato nulla, hanno paura e sono ancora pieni di sfiducia. Come può Tommaso credere che i discepoli hanno incontrato Gesù?

Tommaso è detto didimo, cioè doppio o gemello, infatti è ambivalente perché un po’ crede e un po’ no, un po’ sta dentro alla comunità e un po’ ne esce: ma non facciamo così anche noi? Tutti infatti facciamo fatica a credere, a restare e vivere dentro le relazioni nelle nostre comunità.

Ma nonostante le porte ancora chiuse, Gesù entra nel nostro cuore e si pone in mezzo, riprende il posto che gli spetta. Si fa vedere così com’è, e quelle ferite sono una parola chiara: Gesù mostra proprio a Tommaso quelle piaghe, per dire a lui, ma anche a ciascuno di noi: sono morto proprio per te!

Se ancora non riusciamo a credere, non dobbiamo disperare: Gesù non si spaventa, non banalizza la nostra incredulità. Gesù verrà ancora, verrà anche per noi, e ci accompagnerà in questo percorso di fede che ci conduce a riaprire le porte del nostro cuore.

Chiediamoci allora: Se il Cenacolo fosse il mio cuore, come sarebbero le porte? Come è il mio cammino di fede verso Gesù?

 

Albis_2023

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