Il rischio di buttare via il tesoro!
Quante volte mi capita di ascoltare questa riflessione “Cosa ci sto a fare in questa vita, ora che non riesco a fare niente, che dipendo e faccio correre gli altri che hanno tante cose da fare?”
Purtroppo questa logica dello scarto tipica della nostra società (che invita a buttare tutto ciò che apparentemente non serve a niente), tocca tanti di noi portando a considerare inutili le persone, e a volte la loro stessa vita in quanto non più produttivi o totalmente autosufficienti.
“Io sono perché faccio” è questa la mentalità imperante al giorno d’oggi, l’aver bisogno di aiuto / il dover dipendere dagli altri viene interpretato come un fallimento della vita.
L’epoca dello scarto genera inevitabilmente “degli scartati” e a volte buttiamo persino noi stessi nel cassonetto dei rifiuti.
Dio invece opera nella piccolezza, compiendo grandi cose attraverso quelle situazioni che per noi sembrano inutile: «Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti» (1Cor 1,27).
La Bibbia è prodiga di esempi: – il Re Davide da bambino, nemmeno da suo padre non era considerato adatto per fare grandi cose; – Maria la mamma di Gesù viveva come una qualsiasi fanciulla; – l’offerta di cinque pani e due pesci di un bambino, attraverso la moltiplicazione dei pani e dei pesci permetterà di sfamare una moltitudine di persone…
Ma la trasformazione “dell’inutile” è possibile solo se permettiamo a Dio di operare nella nostra vita: il ramoscello staccato dalla pianta (cf Ez 17,22) non conosce la fine che farà, né cosa potrà fare lontano dalla pianta che lo ha generato, è Dio che lo porta altrove, affinché possa fiorire e dare vita a una nuova pianta.
La preoccupazione “di come andrà a finire” la sperimentiamo tutte le volte che veniamo recisi, separati dalle cose che riteniamo preziose, essenziali, e portati altrove, forse per la cattiveria o l’invidia di chi ha abusato del suo potere, o forse perché abbiamo pagato le conseguenze della nostra indisponibilità ad adeguarci alla corruzione e a una mentalità perversa. Dio è un agricoltore esperto: ci recide, ci pianta da un’altra parte, per farci fiorire in modo nuovo!
È certamente un’opera misteriosa, e di non immediata comprensione, ma come il contadino getta il seme e aspetta, così anche noi ci dobbiamo fidare di Dio! Dobbiamo darci tempo: dorma o vegli, il seme germoglia e cresce (cf Mc 4,26). A volte è la nostra stessa ansia che rischia di bruciare il seme.
Marco usa tanti avverbi di tempo in questo brano: prima… poi… poi… quando… subito (cf Mc 4,28-29), per farci capire che l’opera di Dio non risponde al “nostro tempo”, richiede tempo, forse per darci tempo per crescere nella fiducia e farci scoprire i nostri desideri più autentici e veri.
Possiamo identificare tante persone e cose, in quel piccolo granello di senape (cf Mc 4,31), che diventa metafora delle cose che nella nostra vita ci sembrano inutili; ma è da quel granello che Dio farà crescere una pianta grande e forte: quella vita che noi ritenevamo inutile, nelle mani di Dio diventa rifugio, riparo, motivo di crescita per tante altre persone.
Peccato che per tanti cristiani, è proprio la Parola di Dio a risultare insignificante e inutile, troppo abituati a dare credito a ciò che appare efficace, pratico, utile, produttivo.
Ma è proprio l’efficientismo, l’immediatezza, l’utilità, la produttività quello di cui necessitano le nostre comunità, e capaci di riempire la nostra vita rendendoci felici?
Forse con la fretta e l’impazienza stiamo buttando via, proprio quello che nella nostra vita potrebbe fiorire e portare frutto.
Chiediamoci allora: Quali criteri uso per dare valore alle cose e alle persone? Sono una persona paziente? Riesco ad attendere i tempi di Dio nella mia vita?
XI_TempoOrdinario_2024