Mi senti? La paura di non essere ascoltati.
Una delle esperienze più scandalose per il credente è il silenzio di Dio: continuare a chiedere senza sentirsi ascoltati, eppure le letture di questa domenica ci rassicurano che nessun grido rimane inascoltato davanti a Dio. Le nostre mani però si stancano, non riusciamo a tenerle protese verso il cielo per troppo tempo. Abbiamo bisogno di essere sostenuti, da soli facciamo fatica a sostenere il peso della preghiera, ed è esattamente quello che avviene a Mosè che prega con le mani alzate al cielo mentre Giosuè combatte. È un invito a non separare mai la preghiera dalla vita: non ci si affida a Dio, rinunciando a lottare! La preghiera non ci esime dall’impegno responsabile e coraggioso nelle situazioni della vita.
Anche Mosè da solo, non ce la fa a sostenere la fatica di pregare, ha bisogno di essere sostenuto: ecco le pietre sotto le sue braccia mentre altri lo aiutano a non abbassare le mani.
Pure noi abbiamo bisogno di strumenti solidi su cui appoggiare la nostra preghiera (la storia e l’esperienza che altri ci hanno consegnato), ma anche bisogno del sostegno e dell’accompagnamento della comunità. La preghiera non è mai un fatto solo personale.
Quando non ci sentiamo ascoltati, ci arrabbiamo, perché un nostro bisogno, che consideriamo importante, non trova risposta, e per questo Gesù, commentando la parabola della vedova che chiede giustizia, ci invita a non stancarci, letteralmente a non incattivirci, anche davanti al silenzio di Dio. «Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele». (Sal 120,4)
La vedova è l’immagine della persona indifesa, che non ha nessuno su cui appoggiarsi, è Dio perciò l’unico in cui può confidare. La vedova della parabola raccontata da Gesù cerca giustizia, un termine che ci rimanda alla volontà di Dio: la giustizia è l’ordine delle cose così come Dio lo ha pensato.
Questa vedova non sta chiedendo qualcosa per sé, non pretende una risposta a un desiderio personale e soggettivo, ma sta chiedendo che sia fatta la volontà di Dio!
Nelle nostre preghiere al Padre, siamo sicuri di cercare la volontà di Dio oppure pretendiamo di sostituire la nostra volontà alla Sua?
Luca ci presenta con questa vedova, l’immagine di una comunità che attraversa il tempo della prova e vive l’esperienza dell’attesa. È il tempo della persecuzione, forse anche il tempo della delusione. Questa comunità ha paura di essere stata abbandonata da Dio, di rimanere sola, come la vedova!
Ma è anche vero che nel tempo della paura, del silenzio, l’immagine di Dio rischia di essere deturpata, di essere trasformata, c’è il rischio di sentire Dio come giudice impietoso che non risponde: e in questo momento è facile attaccarci a false immagini di Dio, che ne nascondono il vero volto.
Il tempo dell’attesa però, può diventare momento propizio, momento in cui emerge quello che veramente ci sta a cuore. Il tempo del silenzio è anche momento di purificazione: chi si stanca subito non ha una motivazione forte.
Cosa fare allora nel tempo della paura e del silenzio? Luca sceglie di parlare della preghiera: questo tempo di paura e di attesa può essere riempito solo dalla preghiera. Nella preghiera coltiviamo una relazione e come ogni relazione anche quella con Dio ha bisogno di gratuità. Nella relazione con una persona a cui vogliamo bene non pretendiamo di fare, guadagnare o ottenere qualcosa, ma semplicemente ci stiamo insieme, godiamo della presenza. Ecco la preghiera è dono del tempo, della gratuità della bellezza dello stare insieme, è affidare a Dio la battaglia senza smettere di combattere: fare tutto come se dipendesse da me, sapendo che tutto dipende da Dio!
La preghiera è restituire il primato a Dio come ci richiama la preghiera monastica: le ore del giorno sono scandite dalla preghiera nonostante le quotidiane attività, è Lui il centro di tutto, è Lui che fa ordine nella nostra vita.
Quanto tempo avrà aspettato la vedova prima di vedere esaudita la sua richiesta? Non lo sappiamo, il Vangelo usa l’espressione «per un certo tempo», mentre Gesù promette che Dio fa giustizia prontamente.
Come tenere insieme queste due espressioni? Dobbiamo comprendere che non sempre l’azione di Dio è visibile e forse mentre noi percepiamo solo il silenzio, Dio in realtà sta già operando.
Noi vogliamo essere ascoltati, per questo ci preoccupiamo, e su questo siamo concentrati, ma Gesù sposta l’attenzione ci pone un’altra domanda: nell’attesa riusciremo a restare fedeli?
Riusciremo a non arrabbiarci e a credere che Dio non si dimentica di noi?
Chiediamoci allora: come reagisco quando non mi sento ascoltato da Dio? Che immagine di Dio emerge nella mia preghiera?
XXIX Domenica T.O.