Sconfitti in partenza! Il confronto che spegne la vita
Nell’affermazione del Vangelo “sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto” capiamo che “essere fedeli nel poco” è essere fedeli a noi stessi, essere capaci di valorizzare fino in fondo le nostre potenzialità. Non si tratta di raggiungere obiettivi, di tagliare dei traguardi o di possedere cose, si tratta piuttosto di essere, di vivere quello che siamo.
Nella vita invece tendiamo continuamente a operare confronti a valutare le cose in base al quanto: mai ci chiediamo cosa posso fare di quello che ho, ma piuttosto perché io non ho quanto ha l’altro!
Forse per questo Gesù utilizza in questa parabola il linguaggio dell’economia: soldi, banche, interessi, linguaggio che fa paura richiama la logica del confronto e del rischio, perché noi guardiamo tutto sempre con gli occhi del guadagno e con la paura di perdere.
Valutando tutto e tutti attraverso la lente del tornaconto personale, diventano commerciali anche le relazioni: l’altro diventa l’avversario, il competitor, la persona da sfruttare.
Non guardiamo alla ricchezza posta nelle nostre mani (vedi il servo da un solo talento), perché troppo intenti a guardare ai tanti talenti messi nelle mani degli altri!
Vivere in questa dinamica della competizione e del confronto, fa nascere la paura di perdere, e del resto ogni investimento non è mai del tutto sicuro, la vita è sempre un rischio; ma se la paura ci blocca, non viviamo più, ed è quello che fa colui che ha ricevuto un solo talento, non è capace di assumersi la responsabilità della sua scelta e scarica la colpa sul padrone. Il servo ci dice che la causa del suo comportamento non è la sua mancanza di coraggio, ma bensì l’atteggiamento degli altri e di Dio, nei suoi confronti.
Questo è quello che avviene anche in noi nei confronti di Dio: per non impegnarci, tendiamo ad attribuire a Dio una mancanza di generosità o un atteggiamento punitivo.
Il servo preferisce rinunciare a vivere, abdica alle sue responsabilità, nel gesto di nascondere il talento, secondo la legge rabbinica, attesta che non è responsabile di quella somma.
E purtroppo questa è l’immagine di tutte quelle vite seppellite, forse troppo attente a guardarsi intorno, forse troppo schiave della competizione e del confronto. Una vita vale, ha sempre un senso e non può essere mai sottomessa a una valutazione quantitativa!
Ecco perché “a chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto quello che ha”: colui che ha, è quello che ha deciso di vivere, mentre il secondo ha già rinunciato in partenza.
Questo vale anche per noi: se proviamo a vivere e ad amare, la nostra vita fiorisce sempre più, se ci rinunciamo appassisce e muore.
Non è questione di quanti talenti ci sono stati dati, ma di conoscere quello che siamo e cercare di valorizzare e realizzare la nostra persona. Seppellire il proprio talento, rinunciare a vivere, è buttarci volutamente nelle tenebre e nella tristezza: quello che ha fatto il servo inutile che da solo si è buttato nel pianto e nel dolore e ha sprecato la sua vita.
Al padrone non interessava il guadagno, ma desiderava valorizzare quel talento, non tanto per lui, ma semplicemente per la vita del suo servo.
Chiediamoci allora: sono consapevole delle mie risorse o vivo preoccupato del confronto con gli altri? Come sto cercando di valorizzare quello che sono?
XXXIII_Tempo_Ordinario_2023