Perdere spazio: ecco la dieta che fa vivere.
Prima o poi c’è sempre qualcuno che viene a bussare alla nostra vita, a volte per chiedere aiuto, o per il piacere di stare insieme e condividere una parola, a volte anche per disturbarci o rovinarci la giornata. Spesso siamo contenti e apriamo il nostro cuore, raramente indugiamo, altre volte invece neppure respiriamo pur di essere più credibili nel nostro rifiuto.
Come nel Secondo libro dei Re, prima o poi nella nostra vita passa uno sconosciuto, o un qualcosa che ci interpella. Potrebbe essere qualcuno che ci fa pensare, un amico che ci incoraggia nelle difficoltà e ci aiuta a «innalzare la fronte» (Sal 89,18), a volte chi ci dà speranza, qualcuno che soffre e con la sua testimonianza, ci aiuta a stare nelle nostre fatiche.
Sono presenze profetiche che attraversano il nostro cammino, come Eliseo che col passaggio nella vita della donna la porta ad interrogarsi. La donna vive la vita come fosse senza futuro, tutto le sembra dileguarsi nel nulla, senza un figlio e il marito è anziano.
Ma è nel suo gesto di aprirsi all’accoglienza che nasce il suo futuro! Chiede al marito di costruire uno spazio per il profeta: accogliere significa sempre perdere qualcosa, fare spazio, rinunciare a qualcosa per generare vita. Forse è proprio questo che rende difficile l’accoglienza
Ogni giorno ci è chiesto di perdere il nostro tempo per ascoltare qualcuno, di farci da parte per lasciare spazio a qualcun altro, di scomodarci per andare incontro ai bisogni e alle esigenze di altri…
Talvolta rifiutiamo di essere accoglienti, ma se non accogliamo, moriamo! Il grembo rimane vuoto e senza vita se non siamo disposti ad accogliere. Accogliere è veramente «camminare in una vita nuova» (Rm 6,7).
Gesù ci propone di riflettere su questa alternativa rovesciata del perdere per trovare: la vita fiorisce solo laddove si è disposti a perdere, ed è solo in questa ottica che possiamo comprendere la logica della croce (Mt 10,38).
Si accoglie per amore, quando si scopre che l’unico modo per generare è perdere qualcosa di noi.
Seguire Gesù vuol dire mettersi dietro, guardare dove mette i piedi Gesù, lasciarsi portare anche dove non avremmo pensato o voluto andare!
Purtroppo oggigiorno si è caricata la parola accoglienza di tanta ideologia a tal punto che a volte spaventa, ma nella realtà l’accoglienza comincia da piccoli gesti, da un bicchiere d’acqua fresca… alla fine è un gesto semplicemente umano che custodisce l’essenza di quello che siamo: esseri in relazione.
Siamo chiamati per vocazione a essere scomodati, anche quando sentiamo l’altro come straniero nel nostro mondo (E. Lévinas).
In realtà è proprio colui che ci interpella e ci scomoda a renderci capaci di generare.
Chiediamoci allora: mi lascio scomodare o vivo chiuso dentro me stesso? Cosa sono disposto a perdere per seguire di più Gesù?
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