E tu chi sei? Gruppi chiusi o cuore aperto
Nella vita ordinaria è normale che si formino dei gruppi in cui vengono definiti vari ruoli: il leader, il gregario, il guastafeste, il mediatore, gli indifferenti e così via.
Il problema nasce quando per curiosità o necessità, arriva un nuovo elemento, che porta a ridefinire i ruoli, e a volte mette in crisi le relazioni; per questo è facile che l’ingresso di un nuovo soggetto venga accompagnato da sentimenti di paura, mascherati dai convenevoli stereotipi di benvenuto.
Questa dinamica è presente sia nel piccolo gruppo, nel contesto parrocchiale, nel gruppo di lavoro, sia in ambiti più complessi come quelli politici e sociali.
Anche il Vangelo ci presenta questa preoccupazione di identità nel gruppo nei discepoli che mettono confini cercando di limitare il gruppo di coloro che possono ricevere l’attenzione di Gesù.
Non è quello che avviene oggi quando qualche “buon cristiano” pensa di sapere quello che c’è nel cuore di un’altra persone, arrogandosi il diritto di stabilire l’appartenenza o no a Cristo?
Per aiutare i discepoli a riflettere sul loro atteggiamento discriminante, Gesù si lascia disturbare da una donna che implora aiuto per la figlia malata. Nella preghiera per la figlia malata, questa donna porta anche sé stessa: la figlia rappresenta il suo futuro di madre malata e senza speranza.
Gesù con il suo silenzio, vuole provocare i discepoli a prendere posizione: secondo i loro schemi la donna andrebbe esclusa dalla relazione con Dio perché straniera e quindi non figlia d’Israele. Attraverso una situazione che tocca il cuore Gesù vuol fare appello alla loro umanità.
Possiamo avere degli schemi comuni, delle norme generali di comportamento, ma quando la vita ci mette davanti situazioni esistenziali, peculiari, originali è necessario applicare questi principi ai casi particolari che la vita ci presenta.
Il silenzio di Gesù diventa per questa donna, l’occasione di trasformare il suo desiderio in preghiera. Molte volte ci chiediamo perché il Signore non ci risponda subito, ma poi capiamo che quel tempo ci è servito per maturare quello che c’era veramente nel nostro cuore. Questa donna ha veramente il desiderio di un futuro sano e fecondo.
I discepoli vorrebbero una soluzione veloce, non per compassione verso la donna, ma per togliersi dall’imbarazzo, e da una situazione che li mette in crisi, invece Gesù vuole che si interroghino e si convertano. Sul bene è necessario fare discernimento e non scegliere subito qualcosa solo perché si presenta come buona. Purtroppo anche oggi molte decisioni sono prese in modo emotivo o in funzione dell’immagine, raramente sono scelte consapevoli.
Come un vero maestro, Gesù aiuta i discepoli a rileggere l’esperienza vissuta, ad allargare i propri confini e non chiudersi nei recinti dei propri pregiudizi, e solo così questa donna all’inizio allontanata e disprezzata in quanto straniera, ora può essere integrata nel gruppo dei discepoli.
Dobbiamo essere molto prudenti verso coloro che invitano ad escludere piuttosto che accogliere, perché generalmente non è un atteggiamento in sintonia con il Vangelo!
Chiediamoci allora: Sono una persona che esclude o che cerca di accogliere? Mi interrogo davanti alle situazioni complesse della vita o applico in automatico i miei criteri?
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