Pensa prima a te! L’ossessione per il proprio io
Le parole, anche le grandi parole della fede, sembrano ormai svuotate, non ne cogliamo più la forza, né sappiamo più perché siano così importanti.
Pensiamo per esempio alla parola “salvezza” a cosa pensiamo quando coniughiamo il verbo ‘salvare’? “salvare” lo usiamo spesso nel linguaggio quotidiano: salvare i nostri documenti sul computer o nella memoria esterna; quando la nostra squadra del cuore si salva evitando la retrocessione; ci siamo salvati quando il professore ha interrogato qualcun altro al posto nostro… Sembra quindi che nel linguaggio comune salvare significhi riuscire a tenere sotto controllo, evitare di rovinare la propria immagine, non fallire e superare le prove: per noi salvare significa essere padroni della nostra vita!
Se però guardiamo al modo in cui Gesù ha interpretato questo verbo, notiamo una certa distanza dalla nostra prospettiva abituale, e questo modo diverso di declinare la salvezza ci permette di comprendere anche la sua regalità.
Tutti sulla croce incitano Gesù a salvare sé stesso, e questo invito che ci ricorda quando le nostre mamme ci dicevano da piccoli: pensa (prima) a te!
Salvati vuol dire non perderti, non fallire, dimostra quanto vali! Infatti nella gara della vita cerchiamo di salvare intanto noi stessi, fin da piccoli siamo programmati a salvarci, anche a scapito degli altri: dobbiamo sempre dimostrare di essere all’altezza della situazione.
Luca ci dice che la gente stava a guardare, come anche oggi succede sempre: siamo circondati da aspettative, pregiudizi, attese, a cui ci sottoponiamo, sguardi che cerchiamo di compiacere. Ecco allora che il desiderio di salvezza non conduce più a essere re della propria vita, ma diventa ansia di salvezza ci fa diventare schiavi del nostro io, dell’immagine, del giudizio.
Gesù è Re perché declina diversamente questo verbo: non è ossessionato dal proprio io, non è schiavo delle attese degli altri, ma si preoccupa innanzitutto di salvare gli altri, non mette se stesso prima degli altri. Anche durante le tentazioni tentazione (cf Mt 4,1-11; Lc 4,1-13) dove il diavolo lo invita a pensare alla sua legittima fame, Gesù si rifiuta, mangerà con gli altri, insieme agli altri. Gesù è Re perché non è schiavo del proprio io, è l’uomo libero per eccellenza!
Il diavolo, in occasione delle tentazioni, aveva detto che sarebbe ritornato al momento opportuno (Lc 4,13), ed eccolo ora nel momento della passione, della sofferenza, dell’abbandono, della delusione di Gesù: nel momento più difficile la tentazione torna proprio sotto la forma dell’auto-salvezza, nei momenti in cui è molto facile pensare prima di tutto a noi stessi, diventare schiavi delle preoccupazioni del nostro io.
Per liberarsi dalla schiavitù del nostro io è necessario fidarsi, lasciarsi salvare. Gesù si fida del Padre, si consegna nelle sue mani.
Nel testo di Luca anche il ladrone si lascia salvare, riconosce che ha bisogno di Dio, si rende conto che da solo non può affrontare quella battaglia, capisce che da solo non ce la fa.
Consegnarci nelle mani di Dio, ci libera dalla schiavitù del nostro io e ci rende Re della nostra vita: diventiamo liberi! Guardiamo con fiducia a Gesù che conclude la sua vita non tra due discepoli, nemmeno su un trono regale, ma sulla croce in mezzo a due ladroni, per aiutarci a capire che è lì che vuole stare, in mezzo a dei peccatori come noi.
Chiediamoci allora: anch’io salvo a tutti i costi la mia immagine anche a scapito degli altri? Sono libero di consegnare la mia vita al Signore o sono schiavo delle aspettative degli altri?
Cristo_Re