Foglietto settimanale dal 23 al 30 Ottobre 2022 – Pieve di Budrio

Io sono OK, tu non sei OK! Il piccolo persecutore che è in ognuno di noi

Come la strega di Biancaneve, tutti noi abbiamo un angolo segreto dove custodiamo uno specchio magico al quale chiediamo ogni giorno di rassicurarci e confermarci nell’idea che abbiamo di noi.

Gli altri ci infastidiscono, ci irritano perché con i loro giudizi, vengono a turbare l’immagine che tanto faticosamente stiamo costruendo di noi stessi; ci danno fastidio o perché vediamo in loro qualcosa che anche noi siamo, ma che non vogliamo ammettere di essere, o perché hanno qualcosa che non abbiamo, ma che noi vorremmo avere.

Il fariseo di questo Vangelo non sopporta la sua imperfezione, non ne vuole nemmeno sentirne parlare. Sa quanta energia sta impegnando per non vedere il suo limite e per questo motivo sposta la sua imperfezione sugli altri.

Come tanti di noi, anche il fariseo si illude che, spostando l’imperfezione sugli altri, la allontanerà da sé stesso, la consegna agli altri, pensando che così se ne potrà liberare, ma quello che sta consegnando all’altro, è proprio quello che gli appartiene!

Domenica scorsa, la preghiera era il grido di giustizia della vedova verso il giudice iniquo, qui diventa il luogo che fa emergere quello che siamo: dimmi come preghi, e ti dirò chi sei!

Proviamo ad ascoltare come preghiamo e capiremo tante cose di noi.

Il fariseo per esempio, usa la preghiera proprio come lo specchio magico della strega di Biancaneve: usa la preghiera per essere confermato nell’immagine positiva di sé stesso. Anche coloro che non pregano, usano comunque il loro dialogo interiore come luogo di conferma e di approvazione.

Nella preghiera inoltre, il fariseo esagera i comportamenti che lo confermano nella sua idea di perfezione, illudendosi di allontanare e non vedere il proprio limite: dice di digiunare due volte alla settimana, mentre il libro del Levitico (al cap.16) chiedeva di digiunare solo una volta l’anno nel giorno dell’espiazione; dice di pagare la decima su tutto ciò che possiede, mentre la legge mosaica chiedeva di pagare la decima solo su ciò che si produce.

Potrebbe sembrare semplicemente un’esagerazione del bene, ma cosa spinge il fariseo a questa esagerazione? Ogni volta che siamo di fronte a dei comportamenti eccessivi è bene chiedersi cosa vi sia dietro. Probabilmente il fariseo non si fida degli altri, pensa che tutti siano pubblicani, che tutti siano imperfetti: egli digiuna infatti anche per chi, secondo lui non lo fa; paga la decima anche su quello che compra perché non si fida di chi gli vende le cose, cioè di chi dovrebbe aver pagato la decima. Riempiendo i vuoti imperfetti degli altri, il fariseo cerca di confermarsi nella propria idea di perfezione.

Inoltre sta davanti a Dio come davanti a un giudice, un giudice però che rappresenta una visione distorta di Dio, non è nemmeno il giudice di cui parla il libro del Siracide: un giudice che non fa preferenze di persone (Sir 35,15). Il fariseo invece cerca disperatamente di racimolare qualche bonus o qualche punto paradiso per guadagnarsi il favore di un Dio che emette sentenze. Ma se Dio è giudice, lo è nel modo in cui Paolo lo riconosce alla fine della sua vita: sapendo che Dio lo accoglierà come giudice giusto (2Tm 4,8).

Chi è ossessionato dalla propria immagine, metterà sempre al centro della propria preghiera o dei propri pensieri soltanto il proprio Io: questo è l’unico pronome che ricorre nella preghiera del fariseo. C’è spazio solo per se stesso e il suo Io, è talmente ingombrante che arriva a mettersi al posto di Dio: usa per se stesso il nome di Dio, Io sono.

Quando cerchi solo te stesso, ben presto esproprierai anche Dio dalla tua vita.

Al contrario, il pubblicano non ha paura di vedere il suo limite e la sua imperfezione. Si riconosce peccatore, si mette davanti allo sguardo di un altro. Nella sua preghiera si rivolge a un Tu: abbi pietà di me!

Certo, il pubblicano non saprebbe dove nascondersi, perché la sua imperfezione è palese: lavora per i pagani e tocca il denaro, è evidentemente impuro, limitato, schiavo di se stesso.

Ma paradossalmente, proprio perché è così evidente, non ha bisogno di consegnare ad altri la sua imperfezione.

Il fariseo, invece, dovendo difendere la propria immagine, non può ammettere né agli altri né a se stesso di essere nel profondo un peccatore.

Ecco cosa vuol dire dunque andarsene riconciliati oppure no: il pubblicano è riconciliato con il suo limite, con la sua imperfezione e con il suo peccato. Proprio perché lo riconosce, può veramente consegnarlo ed esserne liberato.

Ha scoperto che «il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato» (Sal 33,19)

Il fariseo non se ne va riconciliato perché non si è guardato dentro, non ha riconosciuto ciò che veramente porta dentro, proietta sugli altri e non si libera dal suo peso, continua a portare con sé la fatica di dover vivere nascondendo ciò che è veramente. La vita del fariseo è una vita non riconciliata, isolato nel suo Io, il fariseo non troverà mai nessuno con cui condividere la sua paura di non essere perfetto.

Chiediamoci allora: Cosa mi infastidisce di più negli altri? Quali aspetti faccio più fatica ad accogliere?

Tempo_Ordinario_XXX

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