Foglietto settimanale dal 24 al 31 Luglio 2022

La nuda fragilità: esperienza autentica della preghiera.

Se qualcuno dovesse pensare che l’ingiustizia resterà impunita, si sbaglia e farebbe bene a preoccuparsi nel caso fosse lui a praticarla. La Bibbia, fin dal suo inizio, ci assicura che nessun grido rimane inascoltato e già qui, nel testo della Genesi, si dice che Dio ha deciso di scendere perché ha sentito il grido del suo popolo.

All’inizio del libro dell’Esodo, Dio scende nuovamente perché ha sentito il grido del suo popolo (Es 2,23, termine molto ripetuto nel libro dell’Esodo), e sebbene non si dica verso chi sta gridando il popolo, è sicuro che non c’è invocazione che Dio non ascolti.

Anche oggi tante persone stanno gridando nella disperazione! Quel grido è preghiera, perché la preghiera è il luogo della nostra nuda fragilità, dove ci ritroviamo senza speranza, impotenti, disarmati e stanchi.

Ci sono coloro che raccolgono quel grido, se ne prendono cura, non perché Dio abbia bisogno della nostra intercessione, ma per diventare collaboratori di Dio in quest’opera di giustizia. Colui che prega, intercede come Abramo, ha il privilegio di stare alla presenza di Dio perché pregare è avvicinarsi a Dio. In questa esperienza di preghiera, che è vicinanza al mistero, avviene il grande miracolo di conoscere sempre più il volto misericordioso di Dio.

Abramo domanda, insiste, la sua audacia appare evidente in quella ripetizione “lontano da te…lontano da te”. Nella preghiera viviamo l’esperienza di una totalità inafferrabile.

Forse ora possiamo capire meglio cosa voglia dire che Gesù ci insegna a pregare. Ci indica una via per conoscere meglio il volto di Dio. Gesù ci permette di avvicinarci ancora di più al Padre. Nella preghiera siamo davanti a un padre, a colui che ci ha generato, davanti all’origine, davanti alla mia storia: davanti a un padre si chiede, ma lo possiamo fare solo se ci fidiamo.

Nella preghiera riconosciamo quello che ci manca e cerchiamo qualcuno che si prenda cura di noi. Innanzitutto ci manca la tua presenza: “sia santificato il tuo nome”, quel nome che è la tua essenza. Essere come un bambino che chiama e non come un adulto che dimentica!

La preghiera è il grido di chi vive l’ingiustizia e perciò cerca il tuo Regno; di chi non trova senso nella vita faticosa e chiede un po’ di pane per dare senso alla giornata di oggi.

Ci manca il perdono, Signore, perché siamo irretiti nella nostra rabbia, nel nostro rancore.

Siamo come bambini che hanno paura di perdere la mano del loro padre, di sentirci perduti, se lasciati da soli nella tentazione.

La preghiera è esperienza di povertà, di piccolezza, ma è necessario il coraggio di metterci davanti a Dio con la nostra nuda fragilità, diversamente non arriveremo mai a pregare veramente.

Gesù conosce bene la cattiveria di tanti padri, ma nonostante tutto ci invita a riflettere che c’è qualcosa di buono in ognuno per cui merita di essere salvato. Per quanto possiamo trovare nell’amico quello che cerchiamo, è solo il volto del padre che rivela più propriamente il cuore di Dio. L’amico può deludere, il Padre no. L’amico può chiudere la porta, il Padre no. L’amico può darti retta magari per stanchezza, il padre non darà mai una serpe o uno scorpione al figlio. L’amico è libero rispetto all’amico, il padre è vincolato da un legame che non può recidere. Al di là di quella che sarà stata la nostra esperienza di padre, la buona notizia di Gesù è che ci sarà sempre un Padre pronto ad ascoltare il nostro grido!

Chiediamoci allora: quale grida esprime oggi la mia preghiera? Chiedo quello che veramente mi manca?

XVII Domenica

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