Mi sono perso, ma c’è sempre una via per tornare a vivere!
Quando viviamo momenti di forte angoscia, può capitare di sognare di camminare su una strada o di salire una scala senza arrivare alla meta, sentirsi senza speranza, irrimediabilmente persi. Anche il popolo d’Israele ha sperimentato questa difficoltà di sperare mentre si è ritrovato in esilio, fuori da quella terra cui era giunto con tanta fatica. Quando qualcuno ci opprime e cerca di toglierci la vita è difficile mantenere viva la speranza e la fiducia, e in quei momenti sembra scomparire anche la promessa di Dio.
Forse per questo, il profeta Geremia e il salmo 125 insistono sul verbo ritornare, ricondurre. Attraverso un cammino, a volte incomprensibile, Dio ci accompagna dal pianto alla gioia: questa è la promessa: «Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni» (Ger 31,9); «Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia» (Sal 125,6).
Dio conosce quel pianto, e Cristo, come ci ricorda la Lettera agli Ebrei, accoglie le nostre preghiere e le presenta al Padre, perché conosce la nostra sofferenza, il nostro pianto.
Anche Bartimeo sembra irrimediabilmente perso, senza speranza, sembra addirittura che non riesca a incontrare neppure Gesù. Bartimeo è fuori dalla città di Gerico, dove Gesù è sceso, prima di salire a Gerusalemme, per cercare coloro che si sono perduti. Bartimeo è fuori strada («sedeva lungo la strada», Mc 10,46): non sappiamo se ci sia finito perché è cieco o se sia stato messo lì dalla vita.
Quando siamo senza speranza, ci sentiamo persi, non possiamo fare altro che tirare fuori le nostre ultime risorse, quelle che forse non sappiamo neppure di avere. Bartimeo è un mendicante: sa chiedere, ma questa volta non si limita a chiedere, grida! Anche se dà fastidio, Bartimeo non rinuncia a mettere davanti a Dio il suo desiderio. E Gesù si ferma: perché nessun grido rimane inascoltato davanti a Dio (cf Es 3,7). Bartimeo non è più solo «Coraggio! Alzati, ti chiama» (Mc 10,49), Gesù ci chiama ad alzarci da quelle situazioni di morte che consideriamo definitive e senza speranza.
Ma, per mettersi in piedi, Bartimeo deve gettare via il mantello. Proprio quello che sembra la sua sicurezza, proprio ciò che sembrava proteggerlo, va buttato via per potersi rialzare. Per un mendicante, il mantello era tutto: casa, ricchezza, protezione. Il mantello di un mendicante, se preso in pegno, doveva essere restituito entro la giornata, perché il mendicante non può farne a meno (cf Esodo 22,25). Forse quel gesto ci insegna che a volte ciò che ci blocca sono le nostre false sicurezze: quello che apparentemente ci protegge, ma che al contrario ci impedisce di camminare.
Gesù rivolge a Bartimeo una domanda che può sembrare strana: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Quello di cui Bartimeo ha bisogno sembra evidente. Gesù invece lo rimanda al suo desiderio più autentico. Tornare a vedere non è scontato, perché a volte preferiamo non vedere la realtà, non renderci conto della verità, preferiamo rimanere ciechi. Dio opera in noi quando trova una disponibilità.
Il verbo usato da Marco nel vangelo, può essere tradotto come vedere di nuovo, ma anche guardare in alto. Bartimeo mette insieme questi due significati, non si tratta solo di tornare a vedere, ma anche di guardare in alto, cioè di rialzare la testa. Bartimeo vuole ritrovare la sua dignità. C’è sempre qualcuno che cerca di toglierci la dignità. Dio invece, ce la restituisce!
Ora Bartimeo vede e può scegliere la strada da percorre: Gesù non gli dice seguimi, ma “va’, la tua fede ti ha salvato!” e Bartimeo comincia a seguire Gesù.
Chiediamoci allora: Come vivo i momenti in cui mi senti perso e faccio fatica a sperare? Cosa voglio che il Signore faccia per me?
XXX Tempo ordinario