Gesù è il Pastore
Sarà stata la curiosità, a volte la monotonia, ma a tutti è capitato di allontanarsi dal gregge, cercare altri pascoli o semplicemente cercare un po’ di solitudine.
Ma, come le pecore, anche noi cerchiamo sempre un ovile a cui ritornare, un pastore che si prenda cura delle nostre ferite, delle nostre paure.
Non è solo un desiderio, è un bisogno naturale, siamo nati fragili e la nostra vita non sarebbe mai sbocciata se qualcuno non si fosse preso cura di noi.
Solo in Gesù si colma in pienezza il nostro bisogno di cura: è come se il senso della sua vita fosse esattamente quello di mettersi sulle spalle la pecora smarrita: come troviamo, nelle prime rappresentazioni di Cristo, quelle delle catacombe, quando i primi cristiani cominciavano a cercare immagini per rappresentare il Dio in cui credevano, l’hanno subito dipinto come il pastore bello che ha sempre una pecora sulle spalle
Non è scontato riconoscere in noi il bisogno di essere curati, in una cultura che ci spinge ad affermare la nostra autonomia, l’indipendenza e l’autosufficienza. Proprio perché rifiutiamo di riconoscere il bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi, finiamo con il rifiutare anche l’idea di un Dio che si fa pastore. Siamo più inclini a verificare quanto siamo bravi, piuttosto che a vedere quanto siamo feriti! Preferiamo un Dio che ci mette alla prova come in un’eterna gara piuttosto che un Dio che si prende cura delle nostre ferite.
L’unico modo per non perdersi è ascoltare la voce del Pastore: la Parola di Dio è la voce attraverso cui Dio ci raggiunge, la Parola di Dio è la voce del pastore che raduna il gregge.
Nella nostra vita si mescolano molte voci, a cui non interessa il nostro bene, ma solo il loro interesse. Più diventeremo familiari con la voce del Pastore, più saremo capaci di riconoscerla, quando ci saremo persi, quando saremo lontani, quando starà ormai calando la notte.
A differenza del mercenario, il pastore non fugge: ci vuole bene rimane, anche quando rimanere vuol dire rischiare la vita. Il mercenario invece rimane in una relazione solo fino a quando gli conviene.
Allo stesso modo i lupi che rapiscono e disperdono sono una realtà di ogni tempo. I lupi arrivano sempre, inevitabilmente, nella nostra vita, se non ci fosse un Pastore che si prende cura di noi, non potremmo che essere sbranati dai lupi.
Nella vita è molto facile perdersi, perché nell’ovile che rappresenta la vita c’è sempre una porta: continuamente siamo chiamati a scegliere se restare o andarcene, non sempre è così evidente dov’è la vita e dov’è la morte. Ecco perché nel racconto di Gesù il Pastore stesso diventa la Porta: «io sono la porta delle pecore» (Gv 10,7).
La porta è l’immagine della libertà: e Dio ha creato l’uomo libero: non siamo prigionieri di Dio, a differenza del peccato. Gesù è il pastore la cui porta è sempre aperta: noi siamo liberi di scegliere!
La bellezza dell’essere cristiano sta nella certezza che in qualsiasi momento Gesù è pronto a venirci a cercare: è il Pastore che non si dimentica mai di noi.