La fatica di vivere
Vivere non è sempre facile. Non sempre abbiamo il coraggio di affrontare le tempeste, non sempre crediamo nelle nostre capacità di superare gli ostacoli. E allora proviamo ad addormentarci pensando che al risveglio le cose saranno cambiate, un modo per illuderci, come se fosse possibile evitare la fatica di vivere. Ci sono però anche situazioni che ci travolgono e che non riusciamo più a gestire: la vita passa, scorre, ma non riusciamo ad afferrarla. Magari sono gli altri a dirci cosa fare, mentre noi non riusciamo mai a diventare protagonisti della nostra vita.
Le due figure femminili presentate nel Vangelo rappresentano due storie che si intrecciano, perché hanno a che fare con la fatica di vivere. Due donne accomunate tra l’altro dal numero dodici, che rappresenta un tempo compiuto, un periodo significativo: la fanciulla ha dodici anni, la donna ha perdite di sangue da dodici anni. Sembrano quasi un unico personaggio, dalla fanciullezza all’età adulta: in ogni momento possiamo smarrire la possibilità di vivere in pienezza la nostra vita.
L’emorroissa sembra bloccata più dal giudizio degli altri che per la sua situazione fisica: per un ebreo il sangue è la fonte della vita. Questo sangue, come la vita, scorre e non è possibile fermarlo, e per lei è una morte lenta e progressiva. Questa condizione la rende impura agli occhi degli altri: è costretta a vivere isolata, perché entrare in contatto con lei, vuol dire diventare impuri. Tutti le dicono cosa fare. I medici, qui citati, richiamano coloro che prescrivono ricette per gli altri: fanno diagnosi, mettono etichette, somministrano soluzioni, ma il testo ci informa che sono proprio queste prescrizioni che peggiorano la condizione della donna. Consigli nemmeno gratuiti, che la portano a perdendo tutti i suoi averi: sta perdendo sé stessa, si sta svuotando, perché non decide più della sua vita.
Significativo è il momento in cui guarisce: quando strappa la ricetta scritta dagli altri! Guarisce quando, contravvenendo al divieto di rimanere isolata, tocca quasi furtivamente, il lembo del mantello di Gesù. Questa donna ha imparato a sue spese a essere discreta, ma ha anche mantenuto la sua fiducia in Dio: sa che Dio può tutto!
Questa storia si intreccia però con quella di una ragazzina, il cui padre ha chiesto aiuto a Gesù. È un padre autentico, perché pur non sapendo interpretare il sonno di sua figlia, non è rimasto lì a lamentarsi o a litigare, ma è uscito per andare a cercare aiuto. Si è fatto voce per sua figlia. È un padre che sa aspettare: solo chi si fida di Dio non si lascia prendere dalla paura che sia troppo tardi.
Questa fanciulla non può che ricordaci tanti adolescenti che fanno fatica a vivere, anzi a volte rinunciano addirittura a vivere, si addormentano e sembrano morti, eppure non lo sono! Forse aspettano qualcuno che si avvicini e dia loro fiducia. Gesù qui, è l’adulto che incoraggia, che prende per mano questa ragazzina, entra in contatto con lei, non le resta distante.
Dall’emorroissa era stato toccato, ora è lui che tocca questa fanciulla!
Gesù la invita ad alzarsi: ha dodici anni, non può non camminare. Gesù riconosce le sue risorse, le sue forze, crede nelle sue capacità. La fanciulla può “svegliarsi” e rimettersi in piedi, ed è quello che fa: si alza e i genitori sono invitati a nutrirla per sostenerla nel suo cammino.
Tutti noi attraversiamo situazioni di scoraggiamento, momenti in cui abbiamo paura di vivere o temiamo di non farcela ad affrontare le situazioni difficili e complicate che abbiamo davanti. In Gesù possiamo trovare la forza per riprendere in mano la nostra vita, per rimetterci in piedi, in lui possiamo ritornare a vivere.
Chiediamoci allora: Dove ho trovato la forza per affrontare i momenti faticosi della vita? Credo che Gesù possa aiutare a rimettermi in piedi?
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