Non c’è pace! Perché siamo così inclini alla discordia
La discordia è una cifra dell’esistenza umana che porta a dividerci, a farci guerra, a guardarci con diffidenza, a costruire un mondo di male, è talmente umana che gli antichi greci avevano immaginato una dea dedita alla discordia: Eris che Omero definisce “signora del dolore”.
Discordia e divisione, (Torre di Babele, cf Gen 11,1-9, dove non ci si capisce più), segno dell’assenza dello Spirito, sono tra noi, ma molte volte anche in noi, quando nel nostro cuore lottano e si agitano, intenzioni contrastanti.
Generalmente l’origine della divisione è la superbia, la pretesa di sembrare migliori degli altri, si cerca gratificazioni che non esistono, (vanità), cose vuote e inconsistenti, che però predispongono il nostro animo alla battaglia. Quando abbiamo la pretesa di essere i primi i migliori, l’altro diventa inevitabilmente un avversario in quanto offusca la nostra immagine, anche se paradossalmente tutti noi condanniamo la divisione e affermiamo di desiderare l’armonia, la pace e la tranquillità.
Questo testo degli Atti degli Apostoli ci presenta alcune condizioni che permettono di accogliere la comunione come segno dello Spirito. Innanzitutto i discepoli si trovavano nello stesso luogo (cf At 2,1): non sono dispersi, non lavorano ciascuno per sé, ma si ritrovano, forse per condividere coraggiosamente quello che stanno vivendo, lo stesso progetto, lo stesso desiderio, lo stesso sogno. Non si difendono e non si separano: stare nello stesso luogo significa smettere di farsi guerra.
Lo Spirito si presenta come un fuoco che si divide, un’unica sorgente, da cui ciascuno riceve. Lo Spirito è là dove noi vogliamo condividere, dove nessuno trattiene per sé, dove ci riconosciamo figli di uno stesso padre, dove mettiamo insieme quello che abbiamo, le nostre risorse, le nostre conoscenze, i nostri doni. Mettere insieme e condividere è un atto coraggioso e proprio per questo non così frequente: generalmente cerchiamo solo il nostro personale interesse.
Effetto dello Spirito è la comunione: i discepoli riescono a farsi capire pur parlando lingue diverse. Non a caso comunicare e comunione hanno la medesima radice: cum-munus, portare insieme un munus, che è al contempo dono e responsabilità.
Segno della comunione è il successo della comunicazione: parlare la stessa lingua, riuscirsi a capire, avere nel cuore lo stesso desiderio: non ci capiamo più quando ognuno cerca soltanto le proprie ragioni, tenta di ingannare l’altro, si trincera dietro ai propri pregiudizi.
Il Vangelo di Giovanni ci ricorda che dove c’è l’amore, non ci può essere timore: quando Gesù sta in mezzo alla comunità e dona lo Spirito, le porte del cenacolo cominciano ad aprirsi ed è l’inizio di un cammino.
Frutto dello Spirito, è la capacità di perdonare: lo Spirito è pace. Se non perdoniamo, tratteniamo dentro noi il male, perdonare è liberazione non solo per chi è perdonato, ma anche per chi perdona. Lo Spirito è presente dove c’è perdono.
Lo Spirito è come il vento (At 2,2), come il soffio (Gv 20,22) è inafferrabile, possiamo sentirne solo gli effetti, ma è impossibile trattenerlo. Lo Spirito soffia dove vuole, e ci sorprende sempre con la sua presenza.
A noi la scelta: invocare la presenza dello Spirito oppure continuare a vivere con la pretesa di essere migliori degli altri.
Chiediamoci allora: Sono una persona che crea comunione o porta discordia? Dove posso riconoscere in me e intorno a me, l’azione dello Spirito santo?
Pentecoste_2023