Foglietto settimanale dal 29 Maggio al 5 Giugno 2022

Un quadro desolante

Nelle gare della vita, le logiche del mondo sembrano trionfare. Vincono sempre i violenti, gli arroganti, gli arrivisti, coloro che costruiscono il loro successo sul disprezzo e sull’infelicità degli altri. Chi invece affronta la vita con umiltà, cercando di evitare il male, chi è generoso, chi non cerca di danneggiare gli altri, spesso finisce con il soccombere. Sembra che questo mondo sia prigioniero di logiche perverse e inspiegabili.

Di fronte a questa lotta, il nostro sguardo spesso si ripiega, si fa triste, trasformiamo la vita in un lamento che non sa vedere oltre.

I discepoli invece sono invitati ad alzare lo sguardo, a smettere di lamentarsi e rendersi conto che il Signore non li ha abbandonati, ma continua ad accompagnare la loro storia e quella dell’umanità.

Il racconto dell’Ascensione di Gesù al cielo, sia nel Vangelo che all’inizio degli Atti degli apostoli, è punto di incontro tra il tempo della presenza del Signore sulla terra e la vita della Chiesa che qui comincia, e nella Chiesa siamo invitati a trovare il modo per vivere la presenza di Dio in mezzo a noi. L’ascensione è per Luca tempo del ritorno: come il primo Adamo è fuggito lontano da Dio, così ora Gesù il nuovo Adamo, ritorna nella casa del Padre per aprire la strada a tutti noi.

Se notiamo gli ultimi versetti del Vangelo di Luca sono costruiti sullo schema di una liturgia, perché vogliono introdurci ad un modo nuovo di guardare alla vita.

«Così è scritto…» (Lc 24,46). L’annuncio che apre questa liturgia è il ricordo di essere amati da Dio: non sempre è facile sentire questo amore, talvolta ci sentiamo abbandonati e soli, per questo è necessario ritornare continuamente ad ascoltare queste parole.

Da soli ci perdiamo, facilmente dimentichiamo. Per questo l’annuncio è seguito dall’epiclesi l’invocazione dello Spirito santo (cf Lc 24,49) lo Spirito è su di noi. Come il Padre ha compiuto la promessa di mandare il Figlio, ora quella promessa si compie nell’invio dello Spirito. Il Figlio è il sacerdote che invoca su di noi questo dono: «abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio» (Eb 10,21).

Questa epiclesi ci rende testimoni (cf Lc 24,48). Non saremmo capaci di annunciare l’amore in questo mondo, se non sostenuti dall’azione dello Spirito, è questo il compito che Gesù affida ai discepoli (cf At 1.8).

Cosa testimoniare? In che modo testimoniare? La Chiesa nasce plurale, è una comunità che testimonia. Ognuno di noi, è chiamato a farlo prima di tutto attraverso le relazioni che viviamo tra noi. Per essere credibili, non possiamo testimoniare un Dio che è comunione se tra noi imperversa la divisione, non possiamo testimoniare un Dio che è perdono se tra noi vince il rancore e l’intolleranza, non possiamo testimoniare la piccolezza di Dio se ci divoriamo tra noi per conquistare briciole di potere.

E sulla nostra vita, così com’è, con i suoi dubbi, fallimenti, Gesù dona la sua benedizione (cf Lc 24,50). Benedizione che va accolta perché è necessario lasciare che la benedizione entri e plasmi la nostra vita. I discepoli non solo si prostrarono davanti a lui per accogliere quella benedizione, ma tornano a Gerusalemme. C’è una conversione in atto, proprio come era avvenuto per i discepoli di Emmaus.

Questa liturgia di lode non termina, perché i discepoli stavano sempre nel Tempio lodando Dio (Lc 24,53). La vita dei discepoli si è trasformata e, nonostante le persecuzioni, le accuse, è diventata una permanente liturgia di lode.

Il Vangelo vuole portarci a trasformare la nostra vita in una permanente liturgia di lode. Nonostante le fatiche, lo spettacolo del male che sembra trionfare, siamo invitati ad alzare lo sguardo perché la nostra vita diventi una lode al Signore, vincitore della morte, che non ci abbandona mai!

Chiediamoci allora: La mia vita è lamento o liturgia di lode? Come vivo il mio compito di testimone di Cristo?

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