Foglietto settimanale dal 29 Settembre al 6 Ottobre 2024 – XXVI Domenica T.O. – Anno B

Qui le cose non sono chiare!

Come gli animali, anche noi esseri umani tendiamo a segnare i nostri confini, a mettere dei paletti, difendere quello che è nostro, spesso in modo razionale (attraverso le istituzioni), ma a volte purtroppo, usando anche mezzi violenti pur di affermare il nostro dominio sul territorio, su una relazione, e persino su una persona.

La gelosia stessa, nasce infatti da questa volontà di controllo e di possesso (come emerge anche dalla prima lettura), tanto che se un altro fa qualcosa di buono ma getta ombra su di me va combattuto; dinamica molto frequente in tante comunità, gruppi e realtà ecclesiali.

Riconoscere i confini di un territorio, di un gruppo, di un’istituzione, aiuta certamente a crescere nell’identità ma attenzione a non far mai dipendere unicamente l’identità dai confini, perché la rigidità è sempre patologica.

Forse non è affatto un caso che sia proprio Giovanni, il discepolo più giovane, a dar voce a chi si arroga il diritto di poter stabilire chi può far parte del gruppo e chi invece ne debba essere escluso, come se il Regno di Dio appartenesse solo a chi è come loro “non è dei nostri” (Mc 9,38).

Sembra che Giovanni voglia l’esclusiva del poter fare il bene, come se gli altri essendo diversi, non possano fare altrettanto. Giovanni è la voce dell’appartenenza rigida, delle identità chiare, dei confini netti.

Gesù invece, invita a non temere l’apertura dei confini: «chi non è contro di noi è con noi» (Mc 9,40) il bene può venire anche da chi è diverso da noi, perché il bene ha un’unica fonte: Dio.

Ecco allora che per crescere nell’identità, non è necessario un controllo ossessivo dei confini, ma piuttosto una verifica interna: capire che cosa dentro la comunità, l’istituzione, la Chiesa, la persona, aiuta a crescere, e cosa invece ne ostacola la crescita armonica.

Il nostro inconscio poi attua un meccanismo di difesa che proietta i problemi interni spostandoli verso l’esterno perché è più faticoso e umiliante accettare che qualcosa non funziona dentro di noi, più indolore invece è spostare la causa su un oggetto esterno: ciò che sta fuori risulta più facilmente controllabile, giungendo persino a creare l’illusione che il problema possa essere eliminato.

Ma quando negli altri qualcosa ci infastidisce, probabilmente è perché sta toccando qualcosa di noi, qualcosa che non apprezziamo o qualcosa che sappiamo di non possedere, ma è importante ricordare che «Tutto ciò che ci irrita negli altri, può portarci a capire noi stessi».  (C.G. Jung)

Gesù ci chiama a porre attenzione verso questo processo pericoloso sia per la comunità che per la persona, e ci invita a tagliare dalla nostra vita tutto ciò che non aiuta a crescere armonicamente, che crea scandalo e che ostacola la vita buona. Prima di arrivare a tagliare l’estraneo è opportuno verificare che il male da tagliare non sia dentro di noi.

Tagliare è un verbo già usato da Gesù in diversi contesti, richiama la potatura dell’albero, necessaria perché l’albero porti più frutto, anche se inizialmente può sembrare una violenza verso la pianta.

Difficilmente però cerchiamo di tagliare quello che non funziona dentro di noi, perché questa ricerca chiama ad interrogarci, e a metterci seriamente in gioco nel nostro percorso sociale e spirituale… ed è sempre molto più semplice pensare che il problema siano gli altri…

 

Chiediamoci allora: Vivo la paura che l’altro possa farmi ombra o sono disposto a riconoscere il bene che gli altri possono fare? Giudico gli altri, o sono pronto a mettermi in discussione?

XXVI Tempo Ordinario_2024

 

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