Foglietto settimanale dal 3 al 10 Aprile 2022

Meglio giudicare te che guardare in me!

Coloro che indagano con morbosità le presunte perversioni degli altri, sono generalmente coloro che non riescono ad accettare la perversione ben più grave che abita in loro stessi. A volte ci meravigliamo davanti all’efferatezza del giudizio, all’aggressività travestita da giustizialismo, alla volontà di distruggere senza misericordia.

Cosa c’è dietro questi atteggiamenti? La fatica di entrare in contatto con il proprio male!

È un modo per difendersi: combattendo il male degli altri, pensano di gestire la propria perversione.

In realtà fanno male agli altri e non risolvono il loro problema!

È più facile illudersi di gestire ciò che è fuori di noi piuttosto che affrontare quello che c’è dentro di noi.

Spesso, come ci presenta il Vangelo, queste persone si presentano con la maschera del giusto: sono scribi, farisei, esperti della legge, peccato però che la strumentalizzano a loro piacimento, la manipolano per giustificare se stessi e condannare gli altri.

Gesù spezza questo gioco, mette i suoi interlocutori nella posizione di imputati: invita a guardare dentro di loro e a riconoscere che quella perversione, che vorrebbero sottoporre al suo giudizio, è in realtà già dentro di loro.

I giustizialisti, ossessionati dal bisogno di trovare il male negli altri, ricorrono spesso allo spionaggio: la donna è stata sorpresa in adulterio, come se scribi e farisei si fossero appostati dietro le sue finestre nella morbosa attesa del suo peccato.

Il male non è né banale né ingenuo, costruisce sistemi di potere e coinvolge generalmente i più deboli, facendoli diventare strumento usa e getta.

Purtroppo oggi facciamo fatica a mettere il Vangelo prima della misericordia, perché siamo protesi a difendere un’immagine mondana di giustizia. Papa Francesco, nella Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, ci invita a ricollocare l’evangelizzazione prima della dottrina, come poi ci ricorda la lettera ai Filippesi: dovremmo avere come nostra giustizia «non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede» (Fil 3,9).

A ben guardare, più che Gesù il vero imputato in questo processo è la misericordia di Dio!

Questi uomini, esperti della Legge, non accettano che ci possa essere misericordia per gli altri: quando diventiamo giudici spietati degli altri, ricordiamoci che la prima offesa la stiamo facendo alla misericordia di Dio.

Gesù mette davanti a questi giudici uno specchio in cui rivedere la propria vita piuttosto che guardare quella degli altri. Questo rovesciamento è visibile attraverso quattro movimenti significativi di Gesù:

Gv 8,2 sedette; Gv 8,6 si alzò; Gv 8,8 chinatosi di nuovo; Gv 8,10 si alzò

Prima dell’arrivo di scribi e farisei, Gesù è seduto per insegnare: è la posizione della Sapienza, Gesù insegna non giudica!

Quando arrivano scribi e farisei con l’imputata per incastrarlo, Gesù si alza, cioè si sottrae a quel ruolo, non si lascia manipolare.

Prima però scrive per terra, non sappiamo cosa abbia scritto, ma probabilmente, essendo questi uomini esperti della Legge, potrebbe aver messo davanti a loro quei precetti con cui leggere la loro vita. La donna è stata colta in flagrante adulterio, ma quanti peccati hanno commesso loro senza essere visti? Per questo sono meno peccatori di quella donna?

Questi uomini hanno almeno il buon senso di lasciar cadere le loro pietre e di andarsene.

Oggi purtroppo, assistiamo a giudici incalliti che anche davanti al loro fallimento continuano ad avere la pretesa di fare del male.

Gesù rimane seduto, in silenzio davanti alla donna. Gesù però è anche giudice, ci sta la misericordia, ma ci vuole anche la giustizia, potremmo obiettare, ma la giustizia secondo lo stile di Gesù!

Gesù infatti, rimasto solo con la donna, non resta nella posizione di giudice, si alza come a dire: potrei condannarti, ma non lo faccio! Gesù vuole aiutare la persona a vivere, a rialzarsi a camminare nuovamente, e non distruggere come vorrebbero tanti.

Questa condizione di donna, spiata, maltrattata, gettata davanti a un tribunale, condannata in anticipo senza un processo, anticipa quello che tra poco sarà quella di Gesù.

Ma in realtà anticipa, purtroppo, quello che nel corso dei secoli continua ad accadere a tanta povera gente, messa in mezzo, loro malgrado, solo per soddisfare la perversa brama di distruzione di giudici improvvisati.

Chiediamo allora: Mi comporto da giudice? Sono capace di avere uno sguardo di misericordia? Combatto quello che in me non va oppure riverso sugli altri la mia mancanza?

V_Quaresima web

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