Ti conosco già! La violenza di chi giudica senza ascoltare
Chi più chi meno si porta dentro un bisogno di essere riconosciuto, vorremmo che gli altri ci vedessero per quello che siamo veramente e che non approfittassero della nostra debolezza. Addirittura accade che non ci sentiamo riconosciuti da chi ci è più vicino, e i luoghi più familiari possono diventare quelli più ostili. Paradossalmente, la vicinanza e la quotidianità creano un velo sull’identità dell’altro: diamo per scontato, mettiamo etichette, presumiamo di sapere già tutto su chi ci sta accanto, l’abbiamo già catalogato!
È proprio nei contesti più familiari che a volte facciamo fatica a manifestare quello che pensiamo, a condividere ciò che sentiamo o semplicemente a esprimere un parere su quello che vediamo. Abbiamo paura perché a volte farsi vedere come si è davanti a chi ci conosce, avere il coraggio di esprimere il proprio parere davanti all’istituzione, denunciare i potenti, significa diventare vittima, “essere compromessi”
Medesime sono le paure di Geremia, chiamato a comunicare al suo popolo il giudizio punitivo di Dio. Geremia è ben consapevole di essere solo un ragazzo e ha paura di confrontarsi con le autorità del suo popolo, ha paura di passare da accusatore ad accusato.
“Senti chi parla!” e questa violenza sottile può esercitarla solo chi ci conosce bene.
Accettiamo rimproveri da sconosciuti, ma siamo molto refrattari ad accettare la correzione da parte di chi conosciamo bene.
Succede anche a Gesù: «Non è costui il figlio di Giuseppe?», «Medico cura te stesso!»
Dio si presenta così, non sceglie la via dello straordinario, entra nella semplicità del quotidiano. Proprio coloro che dovrebbero essere più vicini, sono quelli che lo rifiutano, lo allontanano e gli impediscono di operare.
Questa dinamica non è nuova, appartiene alla storia dell’umanità, come ci presenta Gesù attraverso le figure dei due grandi profeti Elia ed Eliseo, e la storia si ripete ancora oggi.
I luoghi in cui Gesù è più familiare, la sua casa, gli ambiti dove Gesù abita ordinariamente, rischiano di diventare i luoghi da cui egli è mandato via, i luoghi dove non è ascoltato, i luoghi dove si continua a svalutare la sua parola. Sappiamo già tutto su di te, sulla tua buona notizia!
Come a Nazareth, noi, che presumiamo di conoscerlo meglio, siamo forse il luogo dove Gesù non può operare.
«Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono…» Luca fa emergere il tema della rabbia che se non sopita subito acceca, distrugge, confonde e assolutizza. Sentimento che molte volte prende il sopravvento quando qualcuno ci interroga sul nostro vivere l’amicizia con Gesù.
All’inizio del capitolo 4, Luca ci presenta il brano delle tentazioni evidenziando che Gesù era pieno di Spirito Santo per questo poteva sostenere nel deserto la battaglia contro il demonio.
Chi è pieno di rabbia inevitabilmente farà fatica a riconoscere colui che gli sta davanti, anche se è Cristo.
Chiediamoci allora: Sono disposto a lasciarmi sorprendere dalle persone che ritengo di conoscere? Come reagisco quando la Parola di Dio mi provoca?
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