Foglietto settimanale dal 30 Maggio al 6 Giugno 2021

Lo spazio dell’amore

Per quanto possiamo cercare di migliorare, ci rendiamo conto che restiamo limitati, imperfetti, bisognosi di cure. Nasciamo proprio così, mancanti, incompleti, incapaci di sopravvivere da soli. Chissà se in questa imperfezione originaria non ci sia già scritto il mistero dell’amore. Infatti laddove tutto è già a posto, non ci sono imperfezioni e mancanze, difficilmente ci può essere spazio per l’amore.

In una coppia di persone perfette, generalmente si trova competizione o indifferenza, ma difficilmente troviamo l’amore.

La Bibbia ci presenta più volte che Dio non ha scelto un popolo perfetto, grande e forte, ma una nazione piccola, povera, disprezzata, e nonostante le nostre pretese, oggi continuiamo a trovarci davanti a una Chiesa imperfetta, che molte volte attira la nostra condanna, eppure proprio quell’imperfezione diventa lo spazio dell’amore.

Questa domenica leggiamo che, la Chiesa inviata ad annunciare è una Chiesa imperfetta. Fin dall’inizio ci aveva accompagnato la simmetria del numero dodici: era il numero che rappresentava il compimento del nuovo Israele, il modello che prende corpo. Ma, in questo testo la Chiesa si trova sciancata, senza un pezzo, barcollante, come un tempio greco senza una colonna: «Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato» (Mt 28,16).

È quella la Chiesa inviata ad annunciare l’amore di Dio. Una Chiesa che si deve muovere: non può rimanere in Giudea, deve uscire, camminare, arrivare fino in Galilea, dove trova un pubblico imperfetto, poco ortodosso, lontano dai luoghi del potere politico e religioso.

Ammettiamolo, anche noi che bazzichiamo le comunità parrocchiali, vorremmo delle assemblee perfette, affettuose, silenziose, e anche gioiose… invece ci troviamo davanti sempre assemblee imperfette, come la Chiesa nascente, ma è questa la Chiesa da amare.

La Chiesa inviata ad annunciare l’amore di Dio è una Chiesa che dubita e persino un po’ ipocrita: «Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono» (Mt 28,17).

C’è un atteggiamento esteriore che non corrisponde alla predisposizione interiore, che è la nostra imperfezione di cristiani, ma è anche l’imperfezione di ogni cammino spirituale, di ogni fede che si interroga, di ogni credente che non può non sostare, nella stazione del dubbio.

Ma solo questa Chiesa imperfetta può annunciare l’amore vero, un amore che non è solitario, ma neanche l’amore dei “due” ossia l’amore adolescenziale, l’amore della coppia chiusa in sé stessa, dove io amo te, tu ami me e tutto il resto non esiste.

Se l’amore solitario è l’amore del narcisista, l’amore dei due è l’amore della reciprocità sterile, l’amore che non dà frutto e che ben presto si svuota.

L’amore vero è quello dell’eccesso, l’amore fuori di sé, è l’amore che si consegna ad altri e non resta chiuso né nell’isolamento né nella reciprocità, è l’amore trinitario!

È l’abbraccio tra il Padre e il Figlio consegnato all’umanità. È lo spazio della relazione tra il Padre e il Figlio dentro cui ogni uomo è invitato ad abitare. Una comunione che non si esaurisce nella reciprocità, ma che diventa dono per altri. Abbraccio, spazio, comunione, nomi diversi, ma tutti per dire Spirito Santo!

La vana ricerca della forma perfetta ci allontana dalla pienezza dell’amore perché ci chiude nell’isolamento, non dobbiamo avere paura di amare nell’imperfezione, perché solo quando avvertiremo una mancanza, potremo essere riempiti. Tutto il Vangelo ci parla del desiderio di Dio di colmare con la sua presenza questa mancanza che ci abita. Matteo infatti apre il suo Vangelo con il nome di Emmanuele, “Dio che sta con noi”, e lo chiude con la promessa di Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!» ecco l’abbraccio, la promessa di Dio “stare insieme” per tutta la vita.

Ma dove c’è la presunzione della perfezione, non ci può essere spazio per Dio, perché il nostro Io occupa già tutto il nostro mondo, non lascia spazio ad altro.

Facciamoci furbi: riconosciamo il nostro limite, presentiamolo al Signore, affinché sia Lui a colmarlo e a valorizzarlo con la sua grazia.

Chiediamoci allora: Qual è il mio modo di amare? Mi sento amato dal Signore?

Trinità

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