Foglietto settimanale dal 30 Ottobre al 6 Novembre 2022 – Pieve di Budrio

Come fare quando ci sentiamo persi

Quando attraversiamo periodi di ansia, o siamo davanti a situazioni complicate, ci sentiamo precipitare in un abisso senza fine. È la voragine dell’incertezza, la paura di cadere nel vuoto, sembra impossibile risalire, sono momenti in cui ci sentiamo irrimediabilmente persi.

Gerico è l’immagine di questo abisso in cui tutti prima o poi abbiamo la sensazione di precipitare, è la città sprofondata sotto il livello del mare, luogo che nel linguaggio biblico diventa metafora di quell’abisso in cui l’uomo sprofonda, ma dove continuamente il Signore scende per raggiungerci e tirarci fuori.

Dio si ricorda (è probabilmente il significato del nome Zaccheo) anche di chi si sente irrimediabilmente perso.

Zaccheo è presentato come l’uomo senza speranza, che sembra non avere vie d’uscita. È un pubblicano, ovvero un peccatore, considerato pubblicamente impuro a causa del suo lavoro di esattore delle tasse, che lo mette in contatto non solo con il denaro, ma con il denaro raccolto a nome dei pagani oppressori. Funzione sociale che implicava anche un comportamento scorretto e deplorevole verso i propri concittadini (approfittavano della loro condizione per sfruttare, rubare e commettere angherie). Se domenica scorsa abbiamo visto che per il pubblicano, recatosi al Tempio, c’è stata una possibilità di perdono e se n’era andato giustificato, oggi Luca avanza una domanda provocatoria: è stato perdonato un pubblicano, ma potrà essere perdonato Zaccheo definito “capo dei pubblicani”? Luca vuole presentare un ingigantirsi del peccato, rendere il suo peso enorme e incancellabile.

Luca abilmente ci introduce all’incontro con Zaccheo partendo da Gesù che all’ingresso della città di Gerico, incontra e guarisce un cieco. La situazione di Zaccheo è simile, anch’egli è cieco: essere cieco vuol anche dire vivere una profonda solitudine e Zaccheo stesso si sente tagliato fuori dalle relazioni sociali perché con il suo comportamento, le sue scelte, si è messo fuori dalle relazioni. Probabilmente non si sente né amato, né riconosciuto, e quella spinta che lo porta a cercare di vedere Gesù nasce da questo suo bisogno di incontrare qualcuno che lo guardi, qualcuno che si fermi, lo riconosca, qualcuno che lo aiuti a uscire dall’isolamento a cui si è condannato.

Spesso quando ci sentiamo esclusi, disprezzati, giudicati attribuiamo questi atteggiamenti a Dio: ci sentiamo condannati e rifiutati anche da Lui. Ma il libro della Sapienza ci ricorda che «Dio non prova disgusto per nessuna delle cose che ha creato» (Sap 11,24), anche qualora avessimo sbagliato, Egli «chiude gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento» (Sap 11,23).

Zaccheo ci insegna che anche quando abbiamo un grande desiderio, dobbiamo fare comunque i conti con la realtà, che talvolta ci impedisce di realizzare immediatamente quello che vogliamo. La realtà per Zaccheo è che è basso, e deve fare i conti con la sua altezza. Questa allusione per Luca non è solo un aspetto fisico, ma probabilmente dice qualcosa della sua condizione umana. La realtà è la folla che costituisce un ostacolo alla realizzazione del suo desiderio, ci sono altri prima di lui, davanti a lui, che sono arrivati prima, che non hanno intenzione di fargli spazio. Davanti a questi ostacoli, Zaccheo avrebbe anche potuto perdersi d’animo, abbandonare il suo desiderio, usare questi ostacoli per autogiustificarsi: la vita ci offre sempre una scusa per rinunciare ai nostri desideri.

Ma se il desiderio è autentico, si trasforma in audacia, trova delle strade originali e creative. Zaccheo come fanno i bambini, sale su un albero, si rende in qualche modo ridicolo, si espone.

Se vogliamo realizzare i nostri desideri, dobbiamo ritornare bambini, recuperare quella parte di noi più semplice, capace di guardare all’essenziale.

I desideri si spengono quando vengono coperti di motivazioni e ragionamenti complessi.

Zaccheo desidera solo vedere Gesù, non crede che possa essere visto, non si riconosce degno di ritrovarsi nello sguardo di Dio e si accontenta. È la dinamica del nostro desiderio: non osiamo desiderare, quindi ci accontentiamo.

Ma prima del nostro desiderio, c’è il desiderio di Dio che ci viene incontro e ci spinge a compiere un passo in più: «Dio porta a compimento ogni proposito di bene» (2Ts 1,11) in quel proposito c’è il desiderio di Dio per la nostra felicità.

Gesù alza lo sguardo, Zaccheo viene visto non è più in basso. In quello sguardo di Gesù, Zaccheo non trova un rimprovero, ma trova accoglienza e perdono. Gesù rimette Zaccheo dentro le relazioni, gli chiede di essere accolto nella sua casa.

Il perdono è già avvenuto in modo assolutamente gratuito perché Dio è «lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 144,8).

Zaccheo adesso vede chi è Gesù, desidera imitarlo. Zaccheo non era tenuto a nessuna restituzione eppure sceglie liberamente non solo di restituire, ma di farlo in maniera originale, unendo la legislazione romana relativa al furto con la prescrizione rabbinica per la penitenza questo eccesso esprime la gratuità del gesto.

Zaccheo non è solo l’uomo del desiderio, ma è anche l’uomo dei passi concreti, parte da quello che in quel momento sta vivendo: per lui, la strada della conversione, non può non partire da quelle stesse persone di cui aveva abusato, è nella sua situazione presente, che trova la via per riprendere il suo cammino per seguire Gesù: Zaccheo si credeva perduto, invece è stato trovato!

Chiediamoci allora: Quali ostacoli intravvedo nel desiderio di seguire il Signore? Quale passo concreto poso fare per ritornare a seguire Gesù?

Tempo_Ordinario_XXXI

SCARICA PDF