Amo se mi amo, mi amo perché sono amato
Il tempo che stiamo vivendo appare sempre più come un tempo vuoto, come se tutto quello che progettiamo, le nostre ambizioni, i sogni fossero divorati da una voragine. Per quanto ci sforziamo di trovare stimoli nuovi, motivazioni, entusiasmo, c’è sempre la sensazione di qualcosa che si spegne e fa fatica ad andare avanti. Forse non è un caso però, che più siamo concentrati su noi stessi, sulla nostra soddisfazione personale, sulla ricerca della nostra affermazione individuale, più ci chiudiamo in noi stessi, facciamo fatica a dare senso alla vita.
Quando non c’è qualcuno “per” cui vivere, il tempo ci appare vuoto.
Quando cominciamo a spendere la vita per qualcuno, ritroviamo il senso delle cose: abbiamo bisogno di tornare ad amare per tornare a vivere!
La storia di Israele ci insegna, che la grande tentazione del cuore umano, è il rischio di dimenticare. Il libro del Deuteronomio aveva anche lo scopo, di ravvivare nel cuore d’Israele la relazione con Dio. Ciò che si chiama Legge è il dono di una relazione d’amore da parte di Dio per il suo popolo: un vincolo non per opprimere ma per non essere mai separati.
Verbo fondamentale di questo testo del Deuteronomio è l’invito ad ascoltare.
Ascolta! vuol dire ricordati che c’è qualcuno che ti vuole parlare. È Dio che vuole dirci qualcosa, desidera comunicare con noi perché Dio ci ha amato da sempre, ed è da questo ascolto che comincia la possibilità di dare senso alla nostra esistenza.
L’amore chiede totalità, non è possibile amare solo quando ne abbiamo voglia! O si ama o non si ama!
Il cuore, nella cultura ebraica, era il centro dell’essere umano, luogo dove si incontrano i pensieri e i sentimenti, il luogo della decisione. Se ti amo, scelgo di agire in tuo favore.
La vita di fede si colloca perciò su un piano molto concreto: l’amore è risposta a questa chiamata di Dio. Con il Salmo 17 possiamo ripetere ogni giorno: «Ti amo, Signore, mia forza». L’amore di Dio è totale e nell’incarnazione di Gesù Cristo ha preso un volto. Il volto di Colui che ha offerto se stesso per noi, come sommo sacerdote, che non ha presentato solo le offerte al Padre, ma ha consegnato la sua vita per amore nostro (Eb 7,27).
Rischio della fede è quello di diventare a volte religione senza spiritualità, precetto senza relazione. Lo scriba che interroga Gesù forse è uno che si è accorto del pericolo di perdersi nei precetti, nelle cose da fare, perdendo di vista la relazione personale con Dio. Altri invece ritengono che questa domanda nasconda un’insidia, il tentativo di mettere in imbarazzo Gesù, chiedendo una sintesi apparentemente impossibile: scegliere tra i seicentotredici precetti della legge, il primo comandamento.
Gesù riprende ed estende l’indicazione del Deuteronomio: comincia ad ascoltare! Renditi conto che la vita che stai vivendo è un dono, qualcuno ti ha pensato e amato.
Dio è colui che fin dall’inizio ti accompagna nel tuo cammino.
Ascolta! vuol dire fai l’esperienza di essere amato.
Ma l’amore non può rimanere chiuso nei confini di una relazione.
L’amore è sempre eccedenza, l’amore esce da sé, si dona, per questo, la relazione d’amore tra Dio e l’uomo si apre necessariamente agli altri: l’amore generativo è il segno di una relazione autentica con Dio.
Se il nostro agire non è segnato da questo amore, probabilmente abbiamo già da tempo interrotto la comunicazione con Dio.
La condizione per amare sta in quel “come te stesso” che Gesù inserisce nella seconda parte del precetto. Per amare abbiamo bisogna di essere riconciliati con noi stessi: voglio davvero il mio bene?
Molte relazioni distorte hanno la loro radice in questa mancanza di amore per noi stessi. Se non mi sento amato, se non mi riconosco amabile, se mi percepisco sempre inferiore e indegno, ciò che esce da me sarà probabilmente il frutto della frustrazione. Tante azioni cattive nascono da questa percezione distorta di se stessi.
Dobbiamo tornare all’origine, ritrovare la consapevolezza di essere da sempre amati da Colui che ha dato la vita per me, una volta per sempre, e che non ritrae la sua parola.
Chiediamoci allora: C’è in me la consapevolezza di essere amato da Dio? Riconosco i frutti della mia relazione d’amore con Dio?
XXXI domenica - Copia