Chiamati a essere artisti della vita, artigiani di bellezza!
Il rischio di sprecare la propria vita c’è sempre stato, e forse oggi è ancora più frequente, soprattutto quando mettiamo il nostro io prima di ogni altra cosa, condizionando a questo tutto il nostro vivere.
Questa domenica il Vangelo riparte proprio da quel “voi” con cui c’eravamo lasciati la volta scorsa, quel “voi”, alla fine del testo sulle beatitudini, riferito a coloro che sono perseguitati e oltraggiati a causa del Vangelo.
Nelle difficoltà è difficile continuare a credere, quando siamo offesi, si è tentati a rispondere con altro male, se criticati dando giudizi ancora più sferzanti, e quando siamo nella tempesta, pensiamo che Dio ci abbia abbandonato.
È difficile continuare a essere felici quando le cose non vanno bene.
I momenti di difficoltà, quando ci prende la tentazione di buttare via tutto, sono i momenti propizi per vivere pienamente le beatitudini, aggrappandoci in maniera forte al Signore, e possono tornare utili le due immagini che Gesù ci propone: il sale e la luce.
Il sale richiama l’immagine del sapore, e l’affinità tra sapore e sapienza: l’insipido è immagine di ciò che è stolto. Il sale è associato alla prudenza: va aggiunto nella misura giusta!
Ma anche l’amore, va vissuto con discrezione infatti si può sbagliare anche esagerando nell’amore come lo zelo eccessivo per qualcosa di buono, o il sacrificio per il proprio lavoro, la propria realizzazione, può portare a fare terra bruciata nelle relazioni.
Il sale è immagine dell’amore perché dà sapore scomparendo: l’amore a cui siamo chiamati è quello che ci fa scomparire.
Il sale scompare, ma fa la differenza: e così anche il discepolo di Cristo, fare la differenza dove è chiamato a stare.
Come il sale da solo non serve a niente, anche l’amore non serve a niente se non c’è qualcuno da amare, non serve a niente se non cominciamo a viverlo.
Se non amiamo il nostro essere discepoli non serve a niente è come il sale che non serve più se non per essere calpestato.
Anche la luce serve affinché altri possano camminare sicuri, evitare i pericoli, percorrere la strada giusta, per questo Gesù pone la città sul monte: siamo chiamati a essere punto di riferimento. Senza luce è difficile camminare tutto è tenebra, facile sbagliare strada, o essere vittima di agguati o di bestie feroci.
Noi come cristiani, come comunità ecclesiale, come Chiesa, siamo città sul monte che splende?
La luce inoltre non si mette sotto un secchio (moggio = recipiente per unità di misura), quante volte ci chiudiamo, ci rifiutiamo di vivere, ci basta sopravvivere!
Gesù ci invita a non sprecare la nostra vita, a non far spegnere la nostra luce, anche se a volte altri ci hanno messo addosso il secchio…
Ci ricorda il profeta Isaia: “la nostra luce splende nelle tenebre se dividiamo il nostro pane con chi ha fame, se sappiamo accogliere chi non ha nessuno, se copriamo coloro che sono rimasti nudi, senza dignità.” la luce è quella che brilla attraverso le nostre azioni!
Chiediamoci allora: Riesco a dare sapore alle mie relazioni, la mia vita brilla attraverso le mie azioni? si è spenta? È sotto al moggio?
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