Questo l’ho già letto! Il copione me lo scrivo io.
La vita è un continuo partire, lasciare, separare, tagliare, spinti continuamente a metterci in cammino, senza sapere molte volte verso dove. Quando ci fermiamo, e ci chiudiamo in noi stessi ci blocchiamo, spesso ci adattiamo ad una routine mediocre, senza slanci, fatta anche di cose buone, ma che non nutrono il cuore e spesso ci lasciano profondamente insoddisfatti.
Anche ad Abramo viene chiesto di lasciare “la sua terra”, anzi il testo della Genesi ci presenta che la sua vita comincia proprio quando ascolta l’invito di Dio. Abramo si era probabilmente adattato a un’ordinarietà buona ma senza slanci, fatta di terra e di casa, fatta di legami che molte volte ci bloccano.
Solo mettendoci in cammino, è possibile incontrare veramente se stessi.
Abramo è chiamato a mettersi in cammino senza sapere quel viaggio dove lo porterà, ma davanti a lui c’è la possibilità di scrivere qualcosa di inedito per la sua vita, e davanti alle parole di Dio non chiede spiegazioni, ma semplicemente agisce: parte!
Anche Gesù lascia la casa del Padre per mettersi in cammino verso l’umanità, in cammino verso la croce, anche Gesù scrive una storia inedita, unica e irripetibile: è la storia che ci ha donato la salvezza. Gesù compie il suo esodo e nel suo cammino richiama alcune situazioni vissute dal popolo di Israele nel deserto: il monte, la nube, la presenza di Mosè.
Nel cammino, le nostre decisioni ci svelano, ci presentano per quello che siamo.
Gesù si lascia vedere al di là dell’apparenza si trans–figura, i discepoli possono vederne la sua divinità attraverso l’incontro con Mosè ed Elia (i due profeti di cui si aspettava il ritorno come annunzio dei tempi messianici). Mosè ed Elia rappresentano la Legge (Mosè) e i Profeti (Elia considerato il più illustre rappresentante), a conferma che l’intera Scrittura attesta che Gesù è il Messia. Ma di cosa parlano nel loro incontro? Dell’esodo di Gesù perché sia Mosè che Elia hanno a cuore la salvezza del popolo, per il quale anche loro hanno donato la vita.
Davanti a questa esperienza di intimità con Dio, possiamo essere presi dalla paura che tutto finisca, dal timore che Dio scompaia dalla nostra vita, ecco perché Pietro cerca di catturare la sua presenza, di fissarla, di chiuderla nel ricordo «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Pietro invece è anche lui chiamato a ripartire, a liberarsi da quelle cose che, seppur buone, possono legarlo e fermarlo nel suo cammino. Pietro vorrebbe accamparsi, invece deve muoversi! L’esperienza di Dio non è il luogo in cui chiudersi, ma è il motivo per il quale andare ad annunciare.
Nell’esperienza misteriosa dell’intimità con Dio (come nube che ci avvolge, la nube che ci protegge, ma anche che oscura), ci viene consegnata la parola fondamentale: ascoltare il Figlio!
Lo stesso invito nel Vangelo di Giovanni è consegnato da Maria, a Cana “fate quello che vi dirà!”
Alziamoci, dunque, senza temere, e mettiamoci in cammino, e passo dopo passo, Dio ci indicherà da che parte andare.
Chiediamoci allora: C’è qualcosa che mi sta trattenendo e mi impedisce di camminare? Come il Signore si è lasciato vedere nella mia vita?
II_Quaresima_2023