Guarda bene: andare oltre l’apparenza!
Inutile negarlo ma lo sguardo sulla vita sta diventando sempre più superficiale, non si cerca più di vedere le cose chiaramente, ma si leggono le notizie, si affrontano le situazioni, accontentandosi di fermarsi alla superfice, tanto che siamo diventati maestri nel giudicare le persone dall’apparenza.
Purtroppo è anche vero che quando si attraversa la “notte” della delusione, dello sconforto, della confusione, o della solitudine e dell’abbandono, diventa molto difficile vedere oltre le ombre; lo stesso succede quando nel quotidiano, abbiamo a che fare con le “nubi” che ostacolano la vista, tanto che quando ne siamo totalmente immersi, ci fanno perdere facilmente la direzione.
Se è così complicato nelle relazioni personali, tanto più difficile è vedere Dio quando si rimane sulla superficie delle cose, ma talvolta, come dice Pietro, diventiamo testimoni oculari (2Pt 1,16), perché è Dio stesso che ci viene incontro e si lascia vedere. Possiamo metterci a cercare Dio, ma lo possiamo trovare solo se Lui stesso si lascia trovare. In alcuni momenti, mentre noi guardiamo la superficie delle cose, Dio si fa vedere al di là dell’apparenza: si trans–figura, e non è mai una nostra conquista, ma sempre un suo dono.
Per entrare in una relazione esclusiva con Dio, è però necessario lasciarsi separare da tutto il resto per avvicinarsi a Lui, in alto. Ci sono dei luoghi che ci avvicinano a Dio e che permettono a Dio di farsi vedere: sono le alte vette del dolore, le alte vette della generosità e del servizio, sono le montagne della preghiera, sono le cime del perdono; è in questi luoghi, in queste esperienze che Dio si fa luce!
Fermandoci alla superficie della vita, si fa fatica a riconoscere la presenza di Dio, anzi abbiamo la tentazione di pensare che la sua divinità si nasconda dietro le ingiustizie, la cattiveria, l’infelicità e il dolore…ma andando in profondità il Signore si rivela e illumina il buio a volte tremendo, della nostra storia, e questa luce diventa consolazione.
Mosè e Elia ci confermano la divinità di Gesù; sono le due figure, che avrebbero annunciato l’avvento del Messia per la tradizione ebraica. Ma rappresentano anche tutta la Scrittura: Mosè l’autore dei libri della Legge (Pentateuco), Elia il profeta per eccellenza. C’è un dialogo costante, a doppia mandata, tra la Scrittura e Gesù: la Legge e i profeti ci fanno capire chi è Gesù, mentre la persona di Gesù ci aiuta a comprendere meglio i testi sacri; e a dare valore a questo dialogo ecco la voce del Padre che ci invita ad ascoltare il Figlio, perché è lui il compimento e la pienezza.
Quando si vivono momenti in cui sentiamo di aver sperimentato “un qualcosa” di Dio, è facile avere la tentazione di fermare quel momento, di “costruire una capanna e rimanere lì”, ma questa non è la vita: è necessario invece scendere e vivere l’ordinarietà, alla luce della nostra esperienza con Dio. Certamente l’ordinarietà ci può far paura, per questo Gesù insiste nel ricordare a tutti noi discepoli di non temere: Dio non si lascia possedere, ma promette che continuerà a lasciarsi vedere.
Chiediamoci allora: Il mio sguardo sulla realtà è superficiale o cerco di andare in profondità? Ho avuto momenti nella mia vita, in cui Dio si è lasciato vedere?
Tempo_Ordinario_XVIII - TRASFIGURAZIONE