Foglietto settimanale dal 6 al 13 Novembre 2022 – Pieve di Budrio

Guardare la vita a partire dalla fine

Una lunga tradizione spirituale ha considerato la meditazione sulla morte come una fonte di ispirazione per orientare la propria vita. Sant’Ignazio di Loyola per esempio contempla, tra i modi per fare una scelta, anche quello di immaginarsi in punto di morte: guardando la vita da quella prospettiva quale decisione avrei voluto prendere?

Insegnamento spirituale che ha la sua radice nella Scrittura, e in particolare nell’espressione del Salmo 89 in cui si chiede al Signore di «insegnarci a contare i nostri giorni e arriveremo alla sapienza del cuore» (Sal 89,12).

Chi ha vissuto l’esperienza di accompagnare persone negli ultimi momenti della vita sa bene che si muore come si è vissuto, il modo di guardare alla fine della vita rivela il modo in cui stiamo vivendo, ma dice molto anche dell’immagine di Dio che ci siamo fatti. Alcuni vedono la morte come la conclusione drammatica dell’esistenza, altri riconoscono un passaggio necessario per continuare a vivere nell’eternità, quell’eternità che per il cristiano è iniziata nel giorno del battesimo.

Il Vangelo attraverso la figura dei Sadducei, mette in evidenza un modo molto comune di intendere la morte e ne svela le motivazioni. I Sadducei sono ebrei che però non credono a molte cose: agli angeli, agli spiriti, accettano solo i primi cinque libri della Bibbia, ma soprattutto non credono nella risurrezione dai morti! Sono pragmatici e hanno ridotto all’essenziale le cose in cui credere: non c’è tempo per queste cose! Sono impegnati a far prosperare il loro latifondo, sono grandi proprietari terrieri e una delle loro paure è che il patrimonio vada disperso: sono aggrappati ai loro beni.

Ironizzano sull’istituto del levirato, estremamente importante per un ebreo, che imponeva al fratello di un uomo morto senza discendenza, di prendere in sposa la moglie del fratello per dare una discendenza al fratello defunto. Non si trattava di un capriccio, ma di un modo per permettere al defunto di vedere l’avvento del Messia attraverso gli occhi della sua discendenza; pratica ovviamente non ben vista dai Sadducei perché implicava di ripartire il latifondo tra gli eredi, compromettendo il valore della proprietà.

Nel racconto di questa donna rimasta vedeva e dell’incapacità di generare di coloro che la sposano, emerge come i Sadducei vedono questa donna, questa moglie: come uno dei tanti oggetti di loro proprietà. Quando si guarda la realtà da questo punto di vista, gli altri diventano oggetti da usare, da sacrificarne la dignità pur di raggiungere il nostro obiettivo, il nostro successo, la nostra soddisfazione.

Gli uomini di questo racconto muoiono senza dare vita, incapaci di generare, talmente attaccati alle cose che la loro vita diventa sterile, perché incapaci di donare. Quando siamo attaccati alle nostre cose, agli affetti, ai ruoli, alla nostra immagine, alla salute…non ci rendiamo conto che in realtà non possediamo proprio nulla e ci stiamo solo illudendo di poter gestire quello che abbiamo. La morte ci dimostra che nulla è nostro e tutto ci può essere tolto da un momento all’altro!

I Sadducei, ma forse anche noi, non si sono resi conto che quello che c’è nella loro vita, come la loro proprietà, è un dono che può essere perso in qualunque momento, ma se tutto è un dono, tutto deve tendere a colui che è la fonte del dono.

Ecco perché il modo in cui guardiamo alla morte svela anche quale immagine di Dio abbiamo: tutto appartiene a Dio, noi stessi apparteniamo a lui. Ma tutto quello che è in Dio è vita perché in Dio non c’è la morte.

Siamo chiamati a riconoscere questa appartenenza: se siamo di Dio, se siamo in lui, se apparteniamo a lui, non ci può essere morte nella nostra vita, non devono trovare spazio in noi tutti quegli atteggiamenti di morte che sono l’invidia, la critica, il giudizio, la violenza, l’odio…

Chiediamoci allora: se fosse l’ultimo giorno della mia vita, come valuterei le decisioni prese? Quale immagine di Dio emerge dal mio modo di guardare la morte?

Tempo_Ordinario_XXXII

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