Foglietto settimanale dal 6 al 13 Ottobre 2024 – XXVII Domenica T.O.- Anno B

Il volto dell’altro ci sta davanti e ci interpella…

… a volte addirittura ci infastidisce, ci mette in crisi, ci ricorda il nostro fallimento, ecco allora che nasce la tentazione di possedere l’altro, di manipolarlo, di controllarlo; e se non ci riusciamo, mettiamo in atto meccanismi per distruggerlo. Ma la natura dell’essere umano è inevitabilmente relazionale: siamo fatti per costruire relazioni, non per distruggerle.

Il libro della Genesi (il libro delle questioni fondamentali) per aiutarci a comprendere meglio questa dimensione relazionale, assume come modello la differenza e la relazione tra l’uomo e la donna.

Finora tutto ciò che Dio aveva creato era buono, addirittura molto buono era stato definito l’essere umano, ma adesso c’è un qualcosa che appare subito come un problema: «non è bene che l’uomo sia solo», Gen 2,18. Nella solitudine infatti non c’è vita.

L’uomo per vivere ha bisogno della relazione, ha bisogno di un aiuto senza il quale si muore.

L’essere umano si realizza solo se ha qualcuno davanti a sé: «un aiuto che gli corrisponda» Gen 2,20. Per il libro della Genesi questo è il senso della duplicità insita nell’umanità: maschio e femmina. Quando ci isoliamo, ci chiudiamo nel nostro mondo, vediamo l’altro sempre e solo come un nemico, tradiamo la nostra dimensione umana!

Importante nel racconto della Genesi, è notare che nessuno dei due esseri viventi conosce l’origine dell’altro: quando Dio crea la donna l’uomo è addormentato, e la donna non era presente quando l’uomo veniva creato; a conferma che l’altro non è mai un mio possesso perché non lo conosco fino in fondo e non posso farne ciò che voglio.

Al contrario, il libro della Genesi rimanda a un’origine comune: la donna è tratta dal fianco, come se fosse l’altro lato della stessa umanità. Siamo un’unica carne: fare male all’altro è fare male a noi stessi.

Anche la Lettera agli Ebrei, rimanda a questa origine comune: «colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine» (Eb 2,11). Tutti siamo salvati per mezzo di Gesù proprio perché egli ha assunto questa nostra umanità.

Purtroppo la difficoltà di riconoscere e vivere la relazione con l’altro, senza sottometterlo e senza approfittarne attraversa ogni epoca, la nostra come quella di Gesù.

Nel Vangelo Gesù si rifà al testo della Genesi, per affrontare il problema della violenza sul più debole e lo spiega attraverso due situazioni che possiamo definire “normali” per quel tempo: il ripudio della donna, e la difesa dei bambini, chiamati a sé per sottrarli al rimprovero degli adulti.

Donne e bambini diventano il simbolo di tutti coloro che in diversi contesti rappresentano i deboli, coloro su cui ricade la violenza del potere, l’abuso della forza, purtroppo molte volte travestito da giustizialismo.

Gesù condanna il ripudio della donna perché era stato trasformato in uno strumento per lasciare la donna ancor più senza diritti, esponendola ad uno sfruttamento ulteriore.

Anche oggi assistiamo a tante situazioni in cui il più debole non è tutelato ed è lasciato senza diritti. Come cristiani siamo quindi chiamati ad alzare la voce, a difendere chi è veramente il più debole, e chi è senza diritti, solo così le nostre relazioni potranno essere autentiche, senza diventare luogo di abuso e di distruzione dell’altro.

 

Chiediamoci allora: Sento il dovere di prendermi cura di chi è più debole o anch’io approfitto della debolezza altrui? Sono disposto a rischiare, a compromettermi per difendere chi è più debole?

XXVII Tempo Ordinario_2024

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