Ricominciare quando sembra impossibile!
Le promesse generano attese. Un bambino crede alle promesse dei genitori, gli sposi davanti ai consorti, ma a volte le promesse sono anche deluse, tradite. È difficile rimanere fedeli e fiduciosi quando il tempo passa e la parola data non trova compimento.
Anche il popolo d’Israele ha vissuto la fatica dell’attesa e la paura dell’abbandono. Ha aspettato così tanto che ormai non ci crede più. Nel tempo dell’attesa abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a sperare.
Il capitolo 40 del Libro di Isaia è l’inizio di un libretto (che arriva fino al cap.55) che raccoglie le parole di un profeta (a cui viene dato il nome di deutero-Isaia, cioè secondo Isaia) che ha il compito di aiutare il popolo a non smettere di sperare. Si tratta probabilmente di un profeta vissuto al tempo dell’esilio in Babilonia e che ha condiviso la sorte degli esuli. Ma quando l’esilio è finito, il popolo si ritrova smarrito, non sa da dove come ricominciare: dopo tanto tempo è difficile credere che un nuovo inizio sia davvero possibile! C’è bisogno di una parola che rimetta in movimento, e la prima parola di questo libretto è consolate!
Credi a quello che stai vivendo perché Dio non ti ha mai abbandonato!
Ma come avviene anche nella nostra vita, la parola di consolazione a volte non è sufficiente: i dubbi, la fatica, lo scoraggiamento ci invadono e ci deprimono. Anche i reduci dall’esilio non sono convinti, perché non vedono la presenza di Dio, fanno fatica a sperare. La risposta del profeta è l’invito a costruire una strada! È un modo per togliere quegli ostacoli che ci impediscono di vedere il Signore che viene verso di noi: dove non c’è una strada, si fa fatica a riconoscere le tracce perché vengono cancellate dal vento del deserto, dove ci sono le montagne, si fa fatica a vedere quello che c’è dall’altra parte. Ma costruire la strada vuol dire anche credere che qualcuno ci sta venendo incontro: sperare nel Signore è già essere certi di aver ottenuto quello che aspettiamo!
Il popolo tornando nella propria terra, si trova davanti solo macerie, quelle che troviamo noi quando ci tocca ricominciare dopo la tempesta che ha stravolto la nostra vita.
Davanti alle macerie ci si può avvilire o reagire mettendosi a ricostruire.
Il Vangelo di Luca riparte proprio da questa attesa del popolo, ora la promessa si compie fino in fondo. Gesù è Colui nel quale il Padre compie per sempre la sua parola.
Il tempo dell’attesa è sempre ambiguo e pericoloso, perché possiamo essere tentati di trovare delle scorciatoie quando siamo stanchi di aspettare.
La promessa si compie quando Gesù scende fino in fondo nel nostro peccato e lo prende su di sé: Gesù scende nelle acque dove i peccatori hanno consegnato le proprie colpe. Dio si sporca e si compromette con l’umanità.
È un Dio vicino che si confonde con noi, è un Dio che com-prende la nostra umanità.
Gesù è Colui nel quale si compie la promessa: è il Figlio amato, nel quale ogni figlio è amato, è la risposta al nostro profondo desiderio di essere amati. Tutta la Scrittura attesta che Gesù è Colui che compie le promesse.
Lo Spirito scende come una colomba, (immagine che attraversa tutta la Scrittura): dalla colomba inviata da Noè alla fine del diluvio, alla colomba che sta nelle fenditure delle rocce, cantata nel Cantico dei Cantici, fino a Giona, il cui nome vuol dire colomba!
È comprensibile essere dubbiosi e perplessi: ogni dono gratuito può suscitare all’inizio diffidenza, e allora anche per noi, la risposta è metterci a costruire la strada: Dio è già in cammino verso di noi, anzi è già alla porta e bussa!
Chiediamoci allora: Cosa significa per me costruire una strada al Signore? Quale parola mi mette in movimento e mi aiuta a ricominciare?
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