Chi ti ama, ti nutre!
Il fatto che nella letteratura di molte culture tanti racconti abbiano a che fare con il cibo, fa capire come intorno al mangiare convergono tanti altri aspetti della vita.
C’è chi mangia in modo vorace, per accaparrare tutto senza rinunciare a niente; chi si rifiuta di mangiare, forse per non entrare in relazione con il mondo che sta fuori; ed altri ancora a cui piace preparare da mangiare per altri, quasi un modo per entrare in contatto.
La Bibbia parla tante volte del mangiare: non per niente il primo peccato si consuma a causa di un frutto dall’aspetto gradevole, ma che in realtà avvelena la vita. È come se la Parola di Dio volesse educarci a discernere tra quello che ci nutre da quello che ci fa morire, fino a riconoscere che la vera fonte della vita è in Gesù Cristo.
Sebbene fin da bambini impariamo a nutrirci, a volte siamo presi dalla paura di non trovare quello di cui desideriamo nutrirci, come ci racconta il libro del Deuteronomio attraverso il cammino del popolo d’Israele nel deserto, parabola della sua storia, ma soprattutto immagine della relazione con Dio.
Ma questo cammino parla anche a ciascuno di noi: in tutti è presente la paura che non resti niente per noi, di essere esclusi dal banchetto della vita; paure che molte volte prendono corpo avvelenando la nostra mente.
Come per Israele, anche nel nostro cammino, Dio non esita a farci trovare ogni giorno la nostra manna, che non sempre è ciò che vorremmo mangiare, ma è il necessario per andare avanti. È un tempo nel quale siamo chiamati ad esercitarci nell’avere fiducia nel Signore: la manna è un dono, non è una conquista.
In questo cammino nel deserto l’uomo impara di cosa ha veramente bisogno (cf Dt 8,3), perché Dio manda sulla terra il suo messaggio (Sal 147,15), di cui la manna è l’immagine.
Non sempre però ci nutriamo delle parole di Dio, molto spesso divoriamo invece parole umane che avvelenano, parole di rancore, parole di scoraggiamento: questo non è il cibo con cui Dio vuole nutrire la nostra anima.
Come Dio libera Israele dalla morte in schiavitù in Egitto così noi, sperimentando la presenza vivificante di Dio attraverso l’incarnazione di Cristo veniamo liberati dalla morte.
Questo cammino di liberazione d’Israele, che passa attraverso il Mar Rosso e poi il deserto, si apre con una cena: gli israeliti mangiano la carne dell’agnello e con il suo sangue segnano gli stipiti delle loro porte. Sangue che è segno della loro appartenenza a Dio e per questo segno saranno risparmiati al passaggio dell’angelo della morte.
Questa immagine diventa fondamentale per capire le parole di Gesù: è Lui l’agnello nel cui sangue siamo liberati, è Lui l’agnello la cui carne ci nutre.
Nutrirsi della carne e del sangue di Gesù vuol dire entrare in relazione con lui.
Nel cap. 6 del Vangelo di Giovanni, Gesù nutre le folle con il pane, annuncia che è Lui il pane che nutre, ma davanti all’incomprensione si esprime in modo ancora più forte: è la relazione con Lui che ci fa vivere: ci nutriamo di lui nella misura in cui siamo disposti a coltivare questa relazione.
Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi, insiste su questa comunione che si realizza nella comune appartenenza a Gesù: da molti, diventiamo un solo corpo (1Cor 10,17). Condividere il suo corpo e il suo sangue diventa anche una nostra responsabilità che ricade sul modo in cui viviamo le relazioni tra noi.
Testimoniamo davvero una comune appartenenza nutrendoci insieme del corpo di Cristo?
Questo è il vero problema: preferiamo procacciare il cibo da soli, mostrare di essere adulti e capaci, di non essere in debito con nessuno… ma in questo senso veramente i poveri hanno da insegnarci molto!
Anche noi siamo poveri, perché ciò che nutre davvero la nostra vita non possiamo trovarlo da soli, mangiare il corpo e il sangue di Cristo è vivere la relazione con lui, nutrirci di questa relazione e rimanere in questa relazione: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6,56).
Chiediamoci allora: di cosa sto nutrendo la mia vita? A partire dall’Eucaristia, come cerco di rimanere nella relazione con Cristo?
Corpus_2023