Mi spengo, quando comunicare sembra inutile?
L’espressione “non temete”, che questa domenica troviamo nel testo del profeta Isaia, ricorre oltre cento volte nella Bibbia, come a dire che il Signore conosce le nostre paure, sa che abbiamo paura, e continuamente ci invita ad avere coraggio.
Quante volte la paura porta a chiuderci: paura di non farcela, timore di fallire, paura nelle relazioni pesanti e insostenibili; specie oggi in un mondo iperconnesso, continuamente costretti ad ascoltare parole che spesso non aiutano, oppure sollecitati e sovraccaricati da immagini, da messaggi ripetitivi e strumentali. Viene voglia di spegnere tutto, di non ascoltare più nessuno, se poi ci accorgiamo di essere anche fraintesi e spesso non capiti, gioco facile è ritirarci e rinunciare a vivere.
Paradossalmente questa è anche la situazione dell’uomo del Vangelo muto e sordo, che ha smesso di parlare e non vuole più sentire.
Non ci sfugga un particolare: quest’uomo non va da Gesù di sua iniziativa, ma portato da altre persone. Forse quelli che non accettano il suo silenzio, forse coloro che non riescono a comunicare più con lui, forse coloro che sono infastiditi del suo mutismo… o forse è la comunità, la Chiesa, che si fa carico di quelle situazioni che impediscono ai figli di Dio di incontrare la Parola di Gesù.
Interessante è la reazione di Gesù: porta l’uomo in disparte, come se avesse intuito la necessità di solitudine, di silenzio o forse semplicemente il bisogno di una relazione autentica!
Quante relazioni false viviamo ogni giorno! Persone non sincere, che cercano di approfittare della debolezza dell’altro, che cercano il proprio interesse, che ci cercano solo quando hanno bisogno. Forse quest’uomo muto e sordo è immagine di chi non sopporta più questo mondo fatto di falsità.
Gesù invece offre all’uomo una relazione personale e intima, compie gesti che esprimono una prossimità molto forte che cerca un contatto profondo: Gesù mette le sue dita nelle orecchie di quest’uomo e gli tocca la lingua con la sua saliva.
In questa prossimità di intimità e di silenzio risuona una sola parola: Apriti!
Apriti a questo mondo che ti spaventa, apriti alle relazioni che ti hanno deluso, apri il cuore a quella vita che hai rinunciato ad affrontare. La chiusura non aiuta, non è la soluzione, anche se la tentazione di non volerne più sapere è sempre in agguato.
Non perdiamoci un altro dettaglio importante di Marco: l’uomo non torna semplicemente a parlare, ma parla correttamente. Forse che prima si esprimeva in maniera non adeguata? Forse anche noi a volte non riusciamo a comunicare adeguatamente… e rinunciamo a comunicare?
Ma cosa significa “parlare correttamente”? …già se cominciassimo ad essere onesti e coerenti con il nostro parlare e agire, la comunicazione ne guadagnerebbe tantissimo…
Parlare correttamente implica necessariamente una vicinanza sempre più profonda alla parola del Vangelo, tant’è che questo gesto di Gesù è inserito nel sacramento del battesimo, dove il ministro prega affinché il battezzato possa “presto ascoltare e proclamare la Parola di Dio”.
Ma non solo, nella vita non basta ascoltare e proclamare la Parola di Dio, per conoscere Gesù è necessario attraversare con lui la Passione. È per questo che Gesù raccomanda di non divulgare il miracolo della guarigione perché non esistono scorciatoie: per diventare discepoli è necessario prendere la propria croce e seguirlo.
Marco infatti ci insegna che la vera identità di Gesù è possibile comprenderla quando nel vederlo rinnegato, prigioniero saremo capaci di seguirlo per contemplarlo sulla croce.
Chiediamoci allora: Lascio spazio all’ascolto della Parola di Dio, e al suo annuncio? Quali sono i motivi che a volte mi portano a chiudermi in me stesso?
XXIII Tempo Ordinario_2024