Da qui mi si vede bene? L’eterna ricerca del momento di gloria
La vita è una corsa nella quale fin dall’inizio tutti siamo spinti ad arrivare primi. Con il tempo, capita forse che ci accorgiamo che non vinceremo mai, e allora ci fermiamo alimentando in noi l’invidia e la frustrazione. Altri, pur di arrivare primi, costruiscono trappole e inganni per assicurarsi un posto sul podio. Altri ancora provano a fare onestamente la propria corsa, così come possono.
Siamo educati da sempre a cercare di essere non migliori, ma i migliori, nutriamo la stima di noi stessi sulla base dell’approvazione e del giudizio degli altri: cerchiamo di essere visti e apprezzati, come se fossero gli altri a doverci assegnare la medaglia che meritiamo. Assistiamo sempre più di frequente a una corsa alla visibilità: ci inventiamo trovate originali pur di essere notati, proviamo la scalata al potere cercando di ottenere un ruolo qualsiasi pur di dimostrare a noi stessi che valiamo qualcosa!
È probabile che Gesù si sia trovato davanti a uno spettacolo simile, nel quale le persone si guardavano con circospezione giudicando l’opportunità o meno della considerazione goduta nel contesto del banchetto al quale partecipavano. Il banchetto, inoltre nelle culture antiche, non era solo un semplice pasto, un momento in cui stare insieme, discutere di affari, ma soprattutto occasione di autocelebrazione, luogo in cui farsi vedere e dimostrare il proprio potere.
Era norma ampiamente condivisa quella di invitare al banchetto persone dello stesso rango, sarebbe stato infatti spiacevole trovarsi accanto un personaggio sconosciuto e soprattutto di minore dignità sociale. Il banchetto diventava perciò un’occasione per ritrovarsi tra pari, come una sorta di lobby o di circolo privato.
Ma anche all’interno dello stesso ceto c’erano delle differenze, si mangiava distesi su una sorta di divano a tre posti: al centro sedeva la persona con maggiore dignità, alla sua destra il secondo e alla sinistra il terzo. Il posto in cui si era seduti esprimeva plasticamente il valore delle persone, generando mormorazioni, critiche…
Gesù deve essere stato particolarmente colpito dall’attenzione ossessiva rivolata alla collocazione degli invitati, e da invitato diventa maestro di tavola, suggerisce un criterio che è nello stesso tempo prudenziale, ma che assume anche un valore etico-teologico: Gesù invita a non proporsi, a non mettersi in evidenza, in modo da non essere rimandati indietro, facendo una pessima figura, ma lasciando che eventualmente chi ci ha invitati ci suggerisca di passare avanti.
Non è detto che chi cerca di stare più defilato venga riconosciuto e valorizzato, anzi è possibile che resti lì per tutta la durata della festa, ma forse è meglio essere modesti e prudenti piuttosto che spavaldi e ambiziosi.
Chi riesce a stare serenamente al suo posto è colui che sceglie l’umiltà («Quanto più sei grande, tanto più fatti umile», Sir 3,18), colui cioè che non fa dipendere il suo valore dalla visibilità e dal giudizio altrui, ma fa quello che può, stando dove la vita lo mette!
Allo stesso modo Gesù non dimentica chi non è invitato, anzi coglie l’occasione per insegnare in che modo organizzare la lista degli invitati e ancora una volta il banchetto diventa metafora della festa della vita. Di solito facciamo entrare in questa festa coloro che un domani potrebbero esserci utili.
Gesù ci invita a prestare attenzione a coloro che non potranno ripagarci: è lì che scopriamo l’amore, quando viviamo la gratuità e lo spreco. Guardando allora alla nostra lista di invitati alla festa della nostra vita ci renderemo conto se e quanto stiamo amando veramente.
Chiediamoci allora: Chi sono gli invitati alla festa della mia vita? Cerco il primo posto per essere visto o so stare dove la vita mi mette?
XXII Domenica T.O.https://www.parrocchiedibudrio.it/wp-content/uploads/2022/08/XXII-Domenica-T.O..pdf