I Sette Santi Fondatori dei Servi di Maria – parte II

La crescita

L’allontanamento dalla città non aveva, però, allontanato i Sette dalle persone. Molti cominciarono, infatti, a salire sul Monte, come attratti dal «profumo della loro santità e virtù» e dal riconoscere in loro la totale assenza di ogni doppiezza e simulazione.

Fra coloro che si erano recati a conoscerli, molti chiesero di vivere con loro e come loro. All’inizio, i Sette non accettavano una simile richiesta, ritenendo che la propria vocazione non dovesse compiersi con l’inizio di una nuova comunità. Ma l’insistenza crescente di molte persone, desiderose di associarsi a loro, aprì i loro cuori ad accogliere l’opera di Dio, e decisero di cominciare ad accogliere quanti domandavano di unirsi a loro. Quando i frati divennero troppi per poter stare sul Monte Senario, fu necessario trovare altre dimore, a Firenze e in altre città della Toscana.

Contemporaneamente ai Servi, in tutto il mondo cristiano stavano nascendo comunità di uomini dediti alla vita austera, alla penitenza e all’apostolato. Fra queste, le principali e più numerose erano quelle dei Domenicani e dei Francescani. Un simile fenomeno era tenuto sotto stretta sorveglianza dalle autorità della Chiesa, poiché fra questi gruppi molti seguivano tendenze eretiche. Anche le primitive comunità dei Servi non furono esenti da ciò, e per questo esse vennero visitate da s. Pietro martire, frate domenicano impegnato a predicare contro le eresie. Fu lui a dare la prima “struttura istituzionale” a noi Servi, indicando al gruppo di seguire la Regola di s. Agostino e l’abito, modellato su quello domenicano, ma di colore nero, in memoria del dolore di Maria nell’ora della croce.

Il futuro

Da Monte Senario e da Firenze, l’esperienza dei Sette cominciò a estendersi prima in Toscana (Siena, Arezzo, Borgo San Sepolcro, Pistoia,…) e poi in tutta Italia (Bologna, Forlì, Città della Pieve,…). I Servi di Maria, con la loro vita modesta, fraterna e solidale, e con il loro spiccato carattere mariano, divenivano sempre più popolari e apprezzati.

La memoria dei Sette fu “messa in secondo piano” dalla popolarità di san Filippo Benizi, colui che concluse la fondazione dell’Ordine dandogli una prima struttura riconosciuta. Ma la loro memoria non venne mai meno, e c’era il desiderio che la loro santità venisse ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa. L’ostacolo principale erano le condizioni per tale riconoscimento: per una canonizzazione, si richiede l’attestazione di due miracoli attribuibili all’intercessione di una figura particolare. Per i Sette, si sarebbe trattato di 14 miracoli!

Sembrava, quindi, impossibile che la Chiesa potesse canonizzare i Sette amici fiorentini, fino a quando s. Antonio M. Pucci, il santo curato di Viareggio, non propose che venissero invocati – in fedeltà alla loro storia – come gruppo: «Sette Santi Padri, pregate per noi!». E, infatti, nel 1888 i Sette Santi vennero canonizzati – caso unico nella storia della Chiesa – come se fossero una sola persona. Tanto stretta era l’amicizia che li riuniva in terra, che divenne la via per riconoscerne la santità. Papa Francesco, nella sua esortazione sulla santità Gaudete et exsultate (19 marzo 2018) li addita come modello di un cammino di santità vissuto come comunità.

fra’ Giacomo Malaguti

Il testo della Legenda sui Sette Santi: http://www.testimariani.net/OSM/Legenda/Italiano/Legenda.html

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