Commento al Vangelo Mc 1,1-8
In questa seconda domenica di Avvento abbiamo ascoltato l’inizio del Vangelo di Marco. Proprio Marco per primo ha usato questa parola, vangelo, come titolo per indicare un racconto su Gesù ed il suo Vangelo è un testo importantissimo per la storia della letteratura mondiale ed in particolare per la storia della letteratura Cristiana.
Nell’antichità ed anche nella seconda parte del I secolo, ai tempi in cui si sono scritti i Vangeli, esistevano delle biografie dei personaggi famosi, tuttavia il genere letterario vangelo non è esattamente una biografia: evanghélion vuol dire “buona notizia”. Marco probabilmente inventa questo genere letterario che chiama buona notizia, come sostituzione della predicazione di Pietro. Infatti Simon Pietro è stato martirizzato nel 64 d.C. (forse nel 68 d.C.) e con la sua morte, la comunità cristiana di Roma perse chi predicava, chi raccontava la buona notizia di Gesù da testimone oculare. Marco, che era un accompagnatore di Pietro, durante la sua predicazione raccoglieva annotazioni e materiali anche da altre fonti. Quindi ebbe la geniale idea di mettere per iscritto tutto quanto predicato sulla vita di Gesù; dunque non racconta una vita completa, ma una serie di episodi, tappe in cui c’è una buona notizia.
Inoltre la parola evanghélion non è stata inventata dai Cristiani, ma esisteva anche nel mondo pagano in due contesti. Si usava per dare l’annuncio di una grande vittoria militare. Ad esempio quando un sovrano vinceva una battaglia, mandava i messaggeri ad annunciare la buona notizia. Dunque già all’inizio Marco ci avverte che attraverso ogni episodio, ci racconterà la storia di una grande vittoria; la vittoria sulla morte, la vittoria dell’amore.
Un altro contesto in cui nella letteratura antica si usava la parola evanghélion era l’annuncio della nascita del figlio dell’imperatore o di un figlio di un personaggio importante che avrebbe cambiato il mondo, che avrebbe aperto una nuova era. Per il lettore del Vangelo di Marco negli anni ’60 o al massimo ’70 del I secolo, la frase “Inizio del vangelo di Gesù Cristo figlio di Dio” è dirompente: vi annuncio non solo una grande vittoria, la risurrezione, ma vi annuncio una nascita che cambierà il mondo.
Inoltre nelle parole “Vangelo di Gesù Cristo” ci sono due significati possibili: Vangelo che Gesù Cristo annuncia, cioè il libro di tutto ciò che Gesù predica; oppure: Vangelo che è Gesu Cristo, cioè quello che i linguisti definiscono un genitivo soggettivo; Gesù stesso è il vangelo, la sua vita è una buona notizia, perché ciò che ha fatto è una buona notizia.
L’autore inizia facendo un riferimento alla scrittura ebraica: “come scritto nel profeta Isaia” in realtà i biblisti ci spiegano che in questa frase ci sono riferimenti a tre libri diversi dell’antico testamento che Marco mette insieme come un unico passo di Isaia.
Il primo è il libro dell’esodo “mando il mio messaggero davanti a te” che indica al suo ascoltatore che è una storia riguardante l’esodo per gli Ebrei, una storia di liberazione radicale. Poi continua con “egli preparerà la tua strada” che è una citazione dal libro di Malachia, l’ultimo libro dell’Antico Testamento, quasi alle porte del Nuovo Testamento e dice che ci sarà una strada preparata perché Dio entri nel suo tempio che per gli ebrei era molto forte.
Infine c’è la parte più lunga che effettivamente è di Isaia “voce di uno che grida nel deserto”. Anche qui ci sono due possibili letture dovute al fatto che nei manoscritti antichi non c’era la punteggiatura. Dunque possiamo leggere: “voce di uno che grida: nel deserto preparate la strada del Signore”, cioè la strada del ritorno dall’esilio attraverso il deserto; oppure con una punteggiatura diversa, possiamo anche leggere: “voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada”. In questo caso il gridare nel deserto è la voce di Dio, perché la voce di Dio si ascolta nel deserto. Gli Ebrei hanno imparato a riconoscere la voce di Dio nel deserto (deserto in ebraico vuol dire proprio “luogo da dove viene la parola”): per loro il deserto è il luogo in cui si impara a lasciare da parte tutti i rumori che ci disturbano e riconoscere quell’unica parola che è la parola del Signore.
Storicamente Giovanni Battista battezzava nel Giordano, esattamente nel punto dove Mosè aveva aveva finito la sua vita prima di entrare nella terra promessa. Marco nella sua genialità letteraria fa’ iniziare il racconto della vita di Gesù, la buona notizia, come se fosse la continuazione di quello che ha fatto Mosè. Gesù sarà colui che farà entrare definitivamente nella terra promessa.
Dunque quando si dice che tutta la giudea e gli abitanti di Gerusalemme andavano a farsi battezzare, per gli Ebrei era come riconoscere di essere fuori alla terra promessa, cioè fuori dal dono di Dio, fuori dalla comunione con Dio e di dover riattraversare il Giordano, cioè rientrare nella terra promessa e confessare i propri peccati. E questo è quello che diceva Giovanni: confessiamo che abbiamo perso il Signore e abbiamo bisogno del suo perdono e abbiamo bisogno di rientrare di nuovo nella terra promessa.
Infine Giovanni Battista dice: “viene uno che è più forte di me e al quale io non sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali”. Qui evidentemente preannuncia l’arrivo del Salvatore. Ma c’è anche un’altra sfumatura. Nel regno d’Israele antico c’era una legge chiamata legge del levirato: questa faceva sì che quando una donna perdeva il marito, cioè diventava vedova, il fratello di suo marito, cioè il cognato doveva prenderla a casa come una seconda moglie e darle dei figli. Se questo cognato si rifiutava, la donna aveva il diritto di sputargli in faccia e di toglierli i sandali ad indicare che lui non era considerato un vero uomo. Allora Giovanni non toglierà i sandali a Gesù Cristo che arriva perché lui è il vero marito, è colui che darà fecondità a questo popolo di Israele.
Da qui formuliamo la domanda per questa settimana, per la nostra preghiera: la nostra relazione con Gesù Cristo è ciò che rende la nostra vita feconda? E’ lui lo sposo del nostro cuore che dà senso alla nostra vita?
Tratto dalla trasmissione di Tv2000 – SullaStrada – II Domenica di Avvento – 6 Dicembre 2020