Ordinazione al Diaconato di fra Giacomo Maria Malaguti – Conosciamoci meglio! Una confessione

Potrà sembrare strano che io debba tornare a parlare di me e del mio percorso al mio secondo anno di vita in questa bella comunità che è Budrio. Tuttavia, l’essere arrivato in piena pandemia, e l’esigenza di passare ancora moltissimo tempo a Roma per completare degli studi specialistici in Teologia pastorale ha fatto si che moltissimi non mi abbiano ancora potuto incontrare, o abbiano potuto conoscermi appena adesso. Inoltre, la presenza di un “punto nero” sul presbiterio durante le celebrazioni eucaristiche ha suscitato più di qualche domanda: Chi è? Chi non è? È un prete? Perché non “dice Messa”? Perché si veste da prete?

L’occasione per questa presentazione è la prossima tappa per cui passerà la mia vita: il 20 febbraio riceverò l’ordinazione diaconale. Una tappa che non riguarda solo me, ma – trattandosi di un sacramento – è “affare” di ogni membro della Chiesa. Per questo, è importante che sappiate di più su di me.

Nato nel 1992, sono originario di Renazzo, di quel pezzo di Emilia dove bolognese e ferrarese si mischiano senza confondersi. In famiglia siamo in quattro: oltre ai miei genitori, ho un fratello, più piccolo di 4 anni. Una famiglia dove la fede e la partecipazione alla vita della Chiesa sono tra i “pilastri di fondo”, vissuti con convinzione e libertà, senza rinunciare a domande, dubbi, critiche e idee. Una famiglia che, quindi, mi ha fatto svolgere tutto il percorso dell’iniziazione cristiana (nonostante la Domenica mattina fossi attaccato al cuscino più che al banco della chiesa), e che mi ha spinto a continuare a frequentare la parrocchia.

Il mio percorso più personale nasce durante gli anni delle scuole medie, che per me sono segnati dall’esperienza del bullismo, subito tra una silenziosa complicità della maggioranza dei compagni di classe coi bulli e l’assenza di sostegno da parte dei professori. Di fronte a questa situazione, alla sofferenza che mi causava, alla percezione che fossi sbagliato e alla domanda sul perché non potessi avere una vita normale come tutti, ho sentito dentro di me qualcosa di segno opposto. Qualcosa che assumeva la forma di queste parole: tu esisti perché sei desiderato, e sei quel che sei perché sei desiderato cosi con amore. E mi si è aperta questa grande possibilità: avere un rapporto personale con Dio.

Di fronte a questa esperienza – che non è stata un “colpo di spugna” sulla situazione in cui ero – ho pensato: che cos’è un’ora alla settimana per rispondere a questo amore fondamentale? E ho scelto di andare a Messa la Domenica. Ci andavo già, ma ora lo volevo io.

Quando, poi, ho iniziato a fare Estate Ragazzi, la gioia di svolgere questo servizio era la possibilità di far conoscere ai “cinni” quanto fossero amati, anche se venivano emarginati o presi in giro. E questo mi ha spinto a continuare a spendere del tempo in parrocchia, dedicandomi all’animazione e a cantare in coro per la Messa. Poi, avendo il desiderio di rendere partecipi altri della mia esperienza di gioia, sono diventato educatore di un gruppo di ragazzi, con cui facevo incontri e li portavo ai campi.

Già … i campi! Sono stati i campi a farmi conoscere i Servi di Maria. A Renazzo, infatti, c’è una comunità di suore Serve di Maria di Galeazza, e questo aveva permesso che iniziasse una collaborazione per i campi estivi. E nell’estate fra la prima e la seconda media, feci il mio primo campo, e conobbi per la prima volta alcuni frati Servi di Maria. Molto strani, senza abito distintivo, pronti a giocare e a fare scherzi, molto vicini a noi. Mi sembravano persone felici.

Essere felici è qualcosa che desideriamo tutti. E io, alla fine del Liceo, mi ponevo la domanda su come arrivarci. Avevo alcune idee ben definite: studiare economia, iniziare a impegnarmi in politica nella sinistra, incontrare una persona, sposarla e avere dei figli, e continuare a essere attivo nella vita della Chiesa. Ma mi sembrava altrettanto normale rivolgermi a Dio, e cercare nella preghiera e nella lettura della Bibbia delle tracce per una risposta: stare in parrocchia, pregare, approfondire la fede, parlarne senza nasconderla … tutto questo mi dava molta gioia! E mi sono chiesto se ciò non fosse un segno per una vocazione di «speciale consacrazione».

Quando, durante il funerale di una mia parente, il marito di lei ha espresso un’intenzione per le vocazioni alla vita religiosa, mi entrò un pensiero fisso nel cervello, e mi ricordai subito di quegli uomini felici che avevo incontrato durante i campi estivi. Lo lasciai lì qualche mese, ma non mollava. E siccome non mollava, durante la GMG di Madrid nel 2011 decisi che dovevo iniziare un cammino di discernimento, e farmi accompagnare da un frate. Per questo, cominciai a salire all’Eremo di Ronzano con una certa frequenza, per iniziare a mettermi un po’ “sotto la luce”, e capire se c’era verità nei miei desideri. E ho trovato che ve ne fosse.

Nel 2012 cominciai a vivere stabilmente in convento a Bologna, e iniziai la formazione insieme ad altre persone, fra cui Cornelius. Un inizio che ho affrontato con molto entusiasmo, anche se ora mi rendo conto che non è stato affatto pacifico avere 20 anni in un ambiente popolato in prevalenza da persone molto più grandi di me, con mentalità, formazione e cultura differenti. Comincio a fare esperienze nuove: dopo essermi sempre rifiutato da bambino, mi sono scoperto “chierichetto”, e ho iniziato a servire all’altare; imparo a suonare l’organo, e scopro che è possibile suonare con i piedi. E dedichiamo molto tempo alla cura della casa e del giardino.

Il passo successivo è l’anno di noviziato, svolto nel convento di Monte Senario, il luogo dove i Sette Santi hanno dato inizio alla nostra esperienza comunitaria. Il tempo è scandito dalla preghiera comune quattro volte al dì, dalla lectio divina quotidiana personale, dalle attività formative per introdurci al significato dei voti, alla regola del nostro Ordine, alla spiritualità servitana, e dai lavori manuali in casa e nel bosco. L’esperienza di questo anno è descritta dall’immagine della piantina che, essendo già cresciuta, viene spostata in un vaso più grande, per poter mettere più radici. Il 14 agosto 2014, emetto per la prima volta i voti religiosi.

Vengo poi mandato a Roma, nella comunità internazionale S. Alessio Falconieri, per svolgere gli studi di filosofia e teologia. È stata un’immersione nel presente del nostro Ordine e nella sua dimensione mondiale: nei sei anni in cui ho vissuto in quella casa, ho incontrato e condiviso gioie e conflitti con confratelli da una quindicina di paesi diversi. Una ricchezza che trovava espressione nella nostra liturgia, in cui risuonavano canti nelle nostre diverse lingue. Gli studi che ho svolto mi hanno permesso di dare anche profondità intellettuale al mio vissuto di fede. Ho potuto-dovuto studiare a fondo i testi del Concilio Vaticano II, trovandovi delle indicazioni molto esigenti per come avrei vissuto nel futuro, nelle diverse comunità. Ho potuto anche svolgere una significativa esperienza pastorale nel carcere di Rebibbia, dove per tre anni mi sono dedicato alla catechesi e, soprattutto, all’animazione liturgica, condotta anche insieme ad un detenuto abilissimo nel suonare la fisarmonica. Un’esperienza di cui forse un giorno potrò raccontarvi meglio, perché ancora adesso mi pone delle domande vive. (continua nella pagina successiva)

Il passo successivo è l’anno di noviziato, svolto nel convento di Monte Senario, il luogo dove i Sette Santi hanno dato inizio alla nostra esperienza comunitaria. Il tempo è scandito dalla preghiera comune quattro volte al dì, dalla lectio divina quotidiana personale, dalle attività formative per introdurci al significato dei voti, alla regola del nostro Ordine, alla spiritualità servitana, e dai lavori manuali in casa e nel bosco. L’esperienza di questo anno è descritta dall’immagine della piantina che, essendo già cresciuta, viene spostata in un vaso più grande, per poter mettere più radici. Il 14 agosto 2014, emetto per la prima volta i voti religiosi.

Vengo poi mandato a Roma, nella comunità internazionale S. Alessio Falconieri, per svolgere gli studi di filosofia e teologia. È stata un’immersione nel presente del nostro Ordine e nella sua dimensione mondiale: nei sei anni in cui ho vissuto in quella casa, ho incontrato e condiviso gioie e conflitti con confratelli da una quindicina di paesi diversi. Una ricchezza che trovava espressione nella nostra liturgia, in cui risuonavano canti nelle nostre diverse lingue. Gli studi che ho svolto mi hanno permesso di dare anche profondità intellettuale al mio vissuto di fede. Ho potuto-dovuto studiare a fondo i testi del Concilio Vaticano II, trovandovi delle indicazioni molto esigenti per come avrei vissuto nel futuro, nelle diverse comunità. Ho potuto anche svolgere una significativa esperienza pastorale nel carcere di Rebibbia, dove per tre anni mi sono dedicato alla catechesi e, soprattutto, all’animazione liturgica, condotta anche insieme ad un detenuto abilissimo nel suonare la fisarmonica. Un’esperienza di cui forse un giorno potrò raccontarvi meglio, perché ancora adesso mi pone delle domande vive. (continua nella pagina successiva)

Al termine di questi sei anni, in cui matura in me il desiderio di rendere definitiva la mia scelta di vita (fino ad allora rinnovata di anno in anno), mi viene proposto di continuare gli studi, specializzandomi in una branca della Teologia, e vengo inviato in una nuova comunità. È qui che il mio cammino incontra il vostro, sebbene sia un inizio molto “lento”. Arrivo a Budrio con l’impegno a non trascurare lo studio, ma anche col desiderio di spendermi senza riserve all’interno della comunità. È qui tra voi che, il 5 settembre 2020, emetto la professione solenne, l’impegno a essere frate servo di Maria «fino alla morte».

Pian piano cominciamo a conoscerci, e avrete capito che non è facile per me trattenermi. Infatti, cerco subito di introdurmi nei gruppi giovani che esistono nella parrocchia, per farmi conoscere e poter contribuire alla loro vita e alla loro crescita. Nel mio primo campo estivo “budriese”, ricevo anche uno dei miei soprannomi ufficiali: fraG! Mi rendo conto che siamo una realtà molto vivace, e scopro la fede e i carismi di molte persone. Lo studio della Teologia pastorale, poi, mi sta aiutando a scoprire, quando vi ascolto, qualcosa di nuovo su Gesù Cristo, sul suo Vangelo e sul suo e nostro Dio.

Fino ad adesso sono fra voi come “semplice” frate. Mi ero prefissato di vivere cosi per almeno un anno, perché agli inizi del mio cammino avevo maturato questo orientamento: prete forse, ma frate sicuramente. Il mio desiderio principale era “scommettere” tutta la mia vita su quell’amore originario che avevo scoperto negli anni della mia adolescenza, e sentivo che questo non implicasse per forza l’essere prete. Non ho mai sentito di averne “diritto” per il fatto di aver professato i voti: è un dono, una vocazione, bisognoso, quindi, di un discernimento “a sé”. Il frate, infatti, è fondamentalmente un uomo che, in un modo particolare, cerca di vivere fino in fondo le esigenze del sacramento del Battesimo, che indica agli altri battezzati fino a che punto possono arrivare nella loro vita cristiana. Non scava, quindi, un fossato fra sé e gli altri, ma apre e cura sentieri per gli altri (senza pretendere l’esclusiva di questo lavoro).

Questo è quello che ho capito (anche) nel tempo che ho speso con voi. E ho riconosciuto, grazie a voi, il desiderio di dare una qualità nuova al mio servizio, di impegnarmi in quel ministero particolare che esiste per aiutare ogni battezzato a celebrare e vivere il suo ministero e il suo carisma, a essere “parte” della Chiesa. Questa, io credo, è una bella definizione del ministero ordinato. Ed è qualcosa che accolgo come un dono, che non pretendo, ma ricevo per gli altri. Questo inizierà a realizzarsi il prossimo 20 febbraio, quando riceverò l’ordinazione diaconale. Non sarò solo, ma sarò ordinato insieme a quattro diaconi permanenti: un modo per ricordarci che il diaconato è unico. Quello stesso giorno, insieme celebreremo la solennità dei Sette Santi Fondatori del nostro Ordine. Sarà un bel modo per ricordare a me (e a tutti) che rimango e sono, prima di tutto, un frate servo della Vergine. E in questi giorni continuo a pensare che quest’ultimo è il mio più grande desiderio.

Arrivati in fondo, la conclusione è sempre una richiesta di preghiere. Non solo per me e per il ministero che ricevo, ma anche per i frati che sono qui a Budrio, per la nostra comunità parrocchiale e zonale, e per tutti i Servi e le Serve di Maria. Grazie!

fraG!

DOMENICA 20 FEBBRAIO 2022

su questo canale di Youtube https://www.youtube.com/watch?v=Iu783mIZtXs

si potrà seguire l’ordinazione diaconale di fra Giacomo