Circa quattro anni fa, tramite le operatrici Caritas, siamo venuti a conoscenza della realtà degli studenti stranieri fuori sede frequentanti l’Università di Bologna. Si tratta prevalentemente di ragazzi provenienti dal Camerun, in quanto tale stato ha una convenzione con la nostra Università.
Questi ragazzi sono assegnatari di una borsa di studio che permette loro di pagare le tasse universitarie e di accedere agli studentati universitari, ma che non sempre è sufficiente per garantire le spese correnti nella nostra città. Le operatici Caritas, pur essendo sensibili al loro bisogno, erano consapevoli di non poter farvi fronte, quasi che l’istruzione fosse un bene superfluo rispetto ad altre necessità più pressanti; ci hanno quindi proposto di creare una rete di supporto per questi ragazzi.
E’ nato in questo modo il cosiddetto progetto delle “sportine”: settimanalmente le sportine, contenenti generi alimentari non deperibili, vengono preparate e consegnate a un gruppo di studenti, attualmente sono una quindicina. Per il reperimento del cibo viene organizzata mensilmente in Parrocchia una raccolta di alimenti (la prima domenica del mese), che vengono poi conservati nei locali della Parrocchia. Attualmente il giorno di consegna è il mercoledì.
La consegna della sportina è pian piano diventato un tramite per entrare in relazione con loro e creare una bella amicizia.
Durante l’estate e durante le vacanze di Natale si pone per questi ragazzi un altro problema: gli studentati chiudono, ma per loro non è ovviamente possibile rientrare a casa come fanno normalmente gli studenti fuori sede; questa situazione ha dato la possibilità ad alcune famiglie di accoglierli per poche settimane. Questa opportunità ha fatto crescere dei bei rapporti, in modo che questi ragazzi possano avere anche qui a Bologna una famiglia di riferimento, ma soprattutto queste famiglie sono state sensibilizzate sul tema dell’accoglienza.
Attualmente stiamo cercando di fare un ulteriore passo; già in due occasioni abbiamo organizzato un pranzo in Parrocchia a cui li abbiamo invitati; ci sembra bello che questi ragazzi che i parrocchiani aiutano abbiano un volto, una storia da raccontare e che l’aiuto si traduca innanzitutto in una relazione.